Risparmi energetici obbligatori nelle fasce di picco, tetto ai ricavi delle imprese e contributo di solidarietà a carico di aziende petrolifere e del gas
I Paesi membri dell'Ue hanno trovato nel Consiglio Energia straordinario a Bruxelles l'accordo politico su un pacchetto di misure contro il caro energia e per contrastare l'aumento dei prezzi di gas e luce.
L'intesa prevede risparmi energetici obbligatori nelle fasce di picco, un tetto ai ricavi delle imprese che producono elettricità a partire da fonti più economiche del gas, come nucleare, carbone e rinnovabili, e un contributo di solidarietà a carico delle imprese petrolifere e del gas, che stanno realizzando grandi profitti in questi mesi, grazie ai rincari dei combustibili fossili. "Oggi abbiamo aggiunto alcune tessere al puzzle, ma di sicuro non sono le ultime", ha detto il ministro ceco dell'Energia Jozef Sikela, per la presidenza di turno del Consiglio Ue.
Gli Stati membri dovranno identificare delle fasce orarie in cui i consumi sono ai massimi nel periodo che va dal primo dicembre 2022 al 31 marzo 2023, per ridurli obbligatoriamente di almeno il 5% rispetto alla media degli anni precedenti, perseguendo contemporaneamente un obiettivo complessivo, non obbligatorio ma facoltativo, di tagliare il consumo complessivo lordo del 10%. I risparmi energetici così congegnati dovrebbero abbassare la domanda della fonte più costosa, il gas. Per le imprese cosiddette inframarginali, cioè che producono elettricità da fonti più economiche del metano, viene fissato un tetto ai ricavi di 180 euro al megawattora. Per le aziende dell'Oil and Gas e quelle attive nella raffinazione viene invece previsto un contributo di solidarietà, da calcolare sull'utile nel 2022 o nell'anno fiscale 2022-23 a seconda del calendario, ove questo superi di almeno il 20% la media degli utili realizzati a partire dal 2018. L'aliquota sarà "almeno del 33%", ha detto Sikela.
Entrambe le misure, spiega la commissaria all'Energia Kadri Simson, mirano a dare agli Stati "risorse" con cui affrontare le conseguenze per cittadini e imprese dei forti rincari del gas, aggravati dalla guerra in Ucraina. Il pacchetto su cui oggi è stato trovato l'accordo politico non basterà a riportare i prezzi del gas sotto controllo: la stessa Simson ha detto che "bisogna fare di più" e che servono "interventi di mercato a livello Ue per ridurre i prezzi del gas". Bisogna "limitare il premio" che viene pagato per il metano consegnato via tubo, ma con partner "affidabili" come la Norvegia e l'Algeria non si può procedere "unilateralmente" nella riduzione dei prezzi.
Alcuni Paesi sono restii ad applicare tetti di prezzo unilaterali nei confronti di partner come la Norvegia che hanno aumentato di molto le consegne di gas all'Ue, aiutandola a compensare gli ammanchi di metano russo: "Non è così che facciamo affari", ha sottolineato un diplomatico Ue. Simson ha anche ribadito che l'esecutivo lavora ad una misura "temporanea" a livello Ue che limiti il prezzo del gas usato per produrre elettricità. Il prezzo dovrebbe essere limitato però in misura tale da non aumentare il consumo di gas, un equilibrio non facile da raggiungere. "Sono misure di intervento profondo e non le proponiamo alla leggera", ha sottolineato Simson. I ministri hanno chiesto "rassicurazioni", ha detto Sikela, sulla "tempistica" con cui la Commissione avanzerà proposte, dato che di imporre un tetto al prezzo del gas (non solo a quello russo, ma anche agli altri) si parla ormai da parecchi mesi (Mario Draghi insiste su questo punto da tempo), ma finora non è stato deciso nulla a livello Ue in materia.
Nel non paper preparato in vista del Consiglio di oggi, la Commissione apre solo ad un eventuale price cap sul gas russo che, come ha detto anche Cingolani, ormai "fornisce una percentuale abbastanza bassa" del gas importato dall'Europa. Inoltre, come ha notato il ministro tedesco Robert Habeck, sarebbe "una sanzione" e non spetterebbe ai ministri dell'Energia deciderla. E' un'interpretazione sulla quale, ha riferito Cingolani, converge la "quasi totalità" dei Paesi. L'esitazione della Commissione è dovuta, oltre al timore di andare a toccare meccanismi di mercato che hanno funzionato bene per "molti anni", come ha ricordato Sikela, anche al fatto che i Paesi membri sono profondamente divisi su questo tema: la Commissione, ha detto Simson, avanza proposte legislative se queste sono in grado di trovare un "consenso" nel Consiglio, non per farsele bocciare.
Se facesse diversamente, avrebbe un approccio "divisivo", ha sottolineato. E' vero che 15 Paesi membri hanno scritto alla Commissione chiedendole di presentare una proposta di tetto al prezzo del gas, ma 15 Paesi, anche se sono tanti, sono 12 in meno della totalità dei membri dell'Ue. E quindi, come ha riferito il ministro Cingolani, i ministri dei Paesi più energivori, che pesano per l'80% dei consumi, hanno iniziato a lavorare, "dalle 7 di stamattina", per tentare di superare le divisioni, che durano da mesi, sulle misure necessarie a contenere i prezzi del gas. Cingolani ha spiegato che si pensa, piuttosto che ad un tetto fisso, che sul mercato verrebbe visto con diffidenza, ad una forchetta di prezzo, una banda di oscillazione per evitare che le variazioni di mercato vadano "fuori controllo".
Una delle ipotesi è quella di sganciare il prezzo del gas dal Ttf, il parametro di riferimento europeo per il prezzo del metano, e di ancorarlo ad un paniere di indici più ampio, come l'Henry Hub, il benchmark americano del gas, e il Brent, il future sul greggio del Mare del Nord, parametro di riferimento per il prezzo del petrolio in Europa. Per Simson, sganciare il prezzo del gas dal Ttf è una delle "aree chiave" sulle quali occorre intervenire. Il lavoro dei ministri, che continuerà lunedì mattina con una videoconferenza, servirà ai leader che si riuniranno a Praga la settimana prossima per il Consiglio Europeo informale. Cingolani ha parlato di "bullet point", "pilastri" che i ministri concorderanno e che trasmetteranno ai leader, i quali a loro volta ne discuteranno settimana prossima nel Castello della capitale ceca. Tutto questo dovrebbe consentire alla Commissione di presentare una proposta legislativa in materia, cosa che finora non ha fatto anche a causa delle profonde divisioni tra gli Stati membri.
"Tutti concordiamo sul fatto che i mercati non stanno funzionando a dovere e che servono interventi", ha detto Simson, ma gli interventi devono essere calibrati con attenzione, dato che uno dei motivi per cui l'Europa finora è riuscita ad assicurarsi gas sui mercati mondiali è che lo paga più degli altri. Quindi, le misure devono conservare la "sicurezza delle forniture", ma devono anche tagliare la domanda, con risparmi energetici. I ministri hanno anche chiesto che la Commissione proroghi il quadro temporaneo sugli aiuti di Stato, per consentire ai Paesi di intervenire a sostegno di famiglie e imprese, cosa che l'esecutivo Ue dovrebbe proporre verso la "metà di ottobre", ha detto Sikela, auspicando poi che si acceleri con gli acquisti di gas in comune, che sono un altro modo per abbassare i prezzi.
Danimarca, Svezia e Germania hanno poi informato i colleghi su quanto accaduto ai gasdotti Nord Stream 1 e 2, che perdono metano a causa di alcune esplosioni sottomarine, frutto di un "atto deliberato". Come Ue "siamo uniti: ogni turbativa deliberata alle infrastrutture critiche è inaccettabile e riceverà una risposta dura e unitaria", ha ribadito Sikela. La crisi energetica che sta colpendo l'Europa, comunque, non è destinata a finire presto: come ha detto il ministro irlandese Eamon Ryan, durerà almeno "due anni", perché in primavera bisognerà ricostituire le scorte per l'inverno 2023-24. Intanto, il ministro tedesco Verde Robert Habeck ha sottolineato che in Europa dobbiamo "diventare molto più rapidi con l'approvazione e l'espansione delle rinnovabili", che danno energia autoprodotta. Nel Vecchio Continente, che gli anglosassoni considerano il regno del 'red tape' (lacci e lacciuoli), le burocrazie continuano a ostacolare la realizzazione di nuovi impianti eolici e solari. E l'inverno 2023-24 non è poi così lontano.