Lascia incompiuta la sua ultima 'opera' finanziaria
Scardinare l'ultimo baluardo dell'ex galassia finanziaria del Nord, sciogliendo il legame fra Mediobanca e Generali. Per liberare il gruppo assicurativo da quello che considerava un giogo e far spiccare un salto dimensionale al Leone, con una grande acquisizione o una fusione, sul modello dell'aggregazione fra la sua Luxottica e la francese Essilor. Leonardo Del Vecchio lascia incompiuta la sua ultima 'opera' finanziaria, che lo ha portato ad essere azionista di peso sia in Generali, con il 9,82%, che in Mediobanca, con il 19,4%. L'imprenditore, morto questa mattina a 87 anni a Milano, da anni era in rotta con il management dell'istituto di piazzetta Cuccia su diversi dossier. Primo fra tutti la gestione di Generali, sua partecipazione storica.
Con Francesco Gaetano Caltagirone ha condiviso una visione più aggressiva e orientata alla crescita per la compagnia, che si è concretizzata nel settembre dello scorso anno in un patto parasociale, allargato alla Fondazione Crt e poi disdetto. Per pesare di più in vista dell'assemblea per il rinnovo del cda di Generali dello scorso 29 aprile Del Vecchio ha raddoppiato la propria partecipazione in Generali, fino ad arrivare a un soffio dal 10%.
Poi ha pubblicamente appoggiato il programma per il Leone presentato dal gruppo Caltagirone, da parte sua salito fino ad arrivare al 9,95%. E all'ultima assemblea ne ha votato la lista, assieme ad alcune famiglie imprenditoriali, fra cui i Benetton. Ma a vincere la partita per il rinnovo del board è stata la lista del cda uscente, appoggiata da Mediobanca e dagli investitori istituzionali.
Ma per provare a spezzare il legame fra Mediobanca e Generali il fondatore di Luxottica ha provato parallelamente l'assalto a piazzetta Cuccia. Nel settembre del 2019 ha fatto scalpore il blitz nel capitale della banca d'affari, realizzato acquistando del 7% delle azioni. Nel corso degli anni, e con l'autorizzazione della Bce, Del Vecchio è salito fino al 19,4%, diventandone di gran lunga il primo azionista, senza però mai riuscire a incidere veramente sulla governance o sulle strategie della banca.
Ora le strade per Delfin sono complicate. Per la holding sarebbe difficile, anche se non impossibile, lanciare un'Opa su Mediobanca, perché dovrebbe strutturarsi in modo da conformarsi agli stringenti criteri della Bce e diventare capogruppo bancario. Intanto uno degli obiettivi dei successori dell'imprenditore, se ne seguiranno i passi, potrebbe essere l'assemblea degli azionisti del 2023, quando la banca d'affari dovrà rinnovare il consiglio di amministrazione. Una partita comunque difficile, dato che il management di Mediobanca gode dell'appoggio del mercato, che detiene circa il 50% del capitale.