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Coronavirus, "stop al pagamento dei canoni d’affitto dei negozi"

Immagine di repertorio (Fotogramma)
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14 aprile 2020 | 15.57
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"Stop al pagamento dei canoni d’affitto" ed è "necessario riconoscere le conseguenze di Covid-19 come causa di forza maggiore". A scandirlo è Mario Resca, presidente Confimprese sottolineando che i decreti governativi per l’emergenza "continuano a trascurare il commercio", per questo l’associazione "si fa portavoce del grido d’allarme dei suoi 350 brand commerciali che, con i negozi chiusi da oltre un mese, hanno perso il 95% dei fatturati". Confimprese stima inoltre che solo in Lombardia "1 negozio su 3 non riaprirà più" e annuncia per domani l'avvio di "una campagna di comunicazione per promuovere il dialogo sul tema canoni di locazione".

"Si è creato un corto circuito tra retailer e proprietari immobiliari nei centri commerciali e centri città sui canoni d’affitto con cui non riusciamo ad avviare un tavolo di lavoro comune" spiega Mario Resca, presidente Confimprese che rappresenta 350 brand commerciali, 40mila punti vendita e 700mila addetti). "Chiediamo la rinegoziazione dei canoni calmierati nella fase 2 del post-emergenza, possibilmente solo sulla percentuale del fatturato fino a quando il mercato non si riprende" aggiunge Resca.

La gravità della situazione trova conferma nei sondaggi elaborati dal Centro Studi Confimprese. Dopo quello sulla Lombardia in merito alla riapertura delle attività commerciali e alla relativa salvaguardia dei posti di lavoro nella fase 2 del post-emergenza, da cui è emerso che un negozio su 3 non riaprirà le saracinesche, il 9 aprile sono usciti i dati sul Piemonte, dove il 40% dei negozi resterà chiuso per sempre a fronte di una flessione degli incassi che, a seconda della tipologia e dell’ampiezza dei negozi, va da 100mila a 4 milioni di euro. "Prevediamo che in tutta Italia il 30% dei negozi non riuscirà più ad aprire. Nel tempo spariranno molto retailer, perchè non ce la faranno a sopravvivere" segnala Resca.

In particolare, "il Centro Studi Confimprese -indica ancora Resca- certifica che il 90% delle imprese associate ha revocato i sepa per il pagamento anticipato dei canoni d’affitto per il trimestre aprile-giugno. È inevitabile che si creino tensioni con le proprietà immobiliari. È auspicabile che ai proprietari di immobili ad uso commerciale venga concesso, alla riapertura, un credito d’imposta laddove trovino un accordo sulla rinegoziazione dei canoni. Dovranno potere usufruire di benefici fiscali attraverso un meccanismo mirato sia ad evitare la tassazione ordinaria dei canoni non percepiti sia sgravi fiscali proporzionali ai canoni non corrisposti".

Quanto ai retailer, per Resca è "necessario che si riconosca il credito d’imposta rivisto dall’art. 65 del Cura Italia estendendolo a tutte le tipologie contrattuali e categorie catastali e alle attività che pur non essendo state chiuse, in quanto ritenute essenziali, hanno subito comunque gli effetti negativi della crisi economica, registrando un drastico calo del fatturato anche in questa seconda fase".

Confimprese ha presentato alle istituzioni la sua richiesta principale. Tuttavia, ritenendo che il Cura Italia non abbia preso sufficientemente in considerazione il commercio, l’Associazione chiede con urgenza di ridurre le rate di acconto dell’Irpef e delle relative addizionali, dell’Ires e dell’Irap dovute per il periodo d’imposta in corso; riconoscere le conseguenze del Covid-19 come causa di forza maggiore; prorogare la lotteria degli scontrini al 1 gennaio 2021 e abbattere le commissioni per gli incassi tramite Pos.

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