Si è confermata la classica divisione nord-sud sugli eurobond, o coronabond che dir si voglia. E l'Ue, di fronte all'emergenza coronavirus, ha deciso di prendersi due settimane evitando di fatto la rottura. Ma cosa sono i coronabond? E come potrebbero aiutare gli Stati maggiormente colpiti dalla pandemia da Covid-19?
I coronabond sono - o meglio, potrebbero essere - un’emissione di debito congiunto tra i Paesi dell’Eurozona, degli eurobond in cui l’onere di ripagare il debito è suddiviso tra tutti i membri si legge su Money.it. L’obiettivo è quello di raccogliere liquidità per far fronte alle spese legate alla gestione dell’emergenza.
Il presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ha chiesto ai ministri delle finanze dei Paesi che compongono l’Eurozona di prendere in seria considerazione lo strumento dei coronabond per aiutare a combattere la pandemia di coronavirus. Perché i coronabond potrebbero far parte della soluzione, se progettati correttamente per tenere conto dei fondamentali finanziari, sia a breve che a lungo termine. Proprio come gli eurobond, questi sarebbero titoli di stato che andrebbero a creare debito nell’Eurozona nel suo complesso. La creazione di un mercato di eurobond standardizzato darebbe un forte impulso al piano di ripresa delle economie in difficoltà a causa del coronavirus.
Il muro del Paesi del nord Europa mostra chiaramente come l’Eurozona - composta da 19 membri - sia ancora ben lontana da voler condividere gli oneri derivanti dalla crisi del coronavirus. Lagarde non ha fornito ulteriori dettagli circa l’emissione di debito congiunto rappresentato dai coronabond; nessuna indicazione né sugli importi né tanto meno sull’iter legale per istituirli. La Germania e il nord Europa si oppongono ai coronabond poiché se i singoli governi nazionali fossero autorizzati a emetterli liberamente, la consapevolezza che qualcun altro pagherà il conto incentiverebbe i Paesi membri a spendere oltre i propri mezzi come mai prima.
L’Eurogruppo ha piuttosto sostenuto con vivacità lo strumento del MES, proponendo di estendere le linee di credito precauzionali, pari a circa il 2% del PIL del Paese, agli Stati membri che ne facciano richiesta. I prestiti erogati dal MES consentirebbero ai governi di continuare a finanziarsi autonomamente sul mercato a tassi bassi e aprirebbe la strada all’acquisto illimitato di obbligazioni della Bce nell’ambito delle Outright Monetary Transactions (OMT), se necessario. Ma il prezzo da pagare, in termini di condizioni e austerity, sarebbe troppo alto per l’Italia.