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Fisco: Adsi, beni culturali non sono beni di lusso, siano esenti Imu

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29 ottobre 2015 | 13.29
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Castelli e dimore storiche non possono essere equiparati a ville e residenze moderne. Almeno secondo l’Associazione dimore storiche italiane, che chiede l’esenzione dall’Imu anche per "i beni culturali, se oggetto di vincolo storico e artistico" che "non possono essere considerati beni di lusso: il vincolo, imposto dallo Stato, attribuisce agli immobili una funzione di rilevanza pubblica e utilità sociale, e per questo ne limita le possibilità di utilizzo ed impone costi elevati per la loro conservazione e valorizzazione".

Nella bozza di Legge di Stabilità che il governo sta per varare le dimore storiche vincolate sono equiparate, nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, a ville moderne e residenze di lusso. “Tutta la discussione sui castelli è viziata da un grosso errore di fondo: i castelli non sono oggi “beni di lusso”. Lo sono sicuramente stati in epoche passate, ma oggi la stragrande maggioranza non produce alcun reddito, mentre impone alti costi di mantenimento”, dichiara Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, presidente nazionale Adsi. “Per di più, su imposizione dello Stato, sono catalogati come beni culturali e sottoposti ad un vincolo di tutela che impedisce di frazionarne e venderne gli spazi, o di ristrutturarli con le modalità e i costi di qualsiasi altro immobile”, sottolinea Diaz.

I vincoli rendono questo tipo di beni non interessanti dal punto di vista del mercato immobiliare, sostiene l'associazione, che riporta in un comunicato i dati di uno studio della Fondazione Bruno Visentini su un campione di 3300 dimore storiche vincolate italiane: oltre 24mila euro l’anno i costi medi che sarebbero richiesti per la sola manutenzione ordinaria delle strutture, più 73mila di spese medie annue straordinarie che si renderebbero necessarie.

"Per un soggetto possedere un castello, se vincolato, è dal punto di vista economico e giuridico non un privilegio, ma un onere e un gravame insuperabile, perché stabilito per legge e nell’interesse pubblico, e assolutamente condizionante nella gestione anche ordinaria e quotidiana del bene", continua Diaz, portando il caso degli investitori esteri che "ammesso che ce ne fossero più di 30mila interessati agli immobili italiani sottoposti a vincolo, si guarderebbe dall’investire in un immobile che non può modificare e non può rivendere”. Senza pensare "ai costi di riscaldamento, all’efficienza dei consumi energetici, al costo degli interventi di artigiani specializzati per la gestione di qualsiasi intervento di manutenzione”.

Il risultato, rileva Adsi, è che molti immobili vincolati dallo Stato vengono abbandonati e lasciati andare in rovina, perché i proprietari non sono in condizione di mantenerli e di accollarsene gli oneri, di gestione e fiscali. A fronte della situazione, l’associazione sostiene che debbano essere esentati dall’Imu anche gli immobili vincolati utilizzati dai proprietari come prima casa.

“L’impatto fiscale sulla manovra economica sarebbe minimale e i benefici molto maggiori, stante che studi internazionali concordano nell’evidenziare che interventi di incentivo per la valorizzazione dei beni culturali hanno un ritorno sul territorio che va dal 160 al 220%, generato dall’impatto positivo per le categorie di artigiani coinvolti nei restauri, le maggiori entrate fiscali (Iva e Irpef) e l’accresciuto richiamo turistico”, conclude il presidente Diaz.

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