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Una domus e alcune tombe, nuove scoperte ad Ostia antica

I rinvenimenti nell'area del parco dei Ravennati grazie a un cantiere-scuola: dai marmi e dalle decorazioni si capisce che si trattava di una casa aristocratica. Trovati ami e piombi: uno degli ambienti venne trasformato in pescheria

Una domus e alcune tombe, nuove scoperte ad Ostia antica
17 luglio 2014 | 15.46
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Ambienti residenziali e spazi sepolcrali sono riemersi al Parco dei Ravennati /FOTO, l'area compresa fra gli Scavi di Ostia Antica e l'adiacente Castello di Giulio II. Il Parco dei Ravennati è un'area verde di circa 15.000 metri quadrati che, due millenni or sono, si affacciava sul corso del Tevere, ora ricoperto di sedimenti. La tutela archeologica è assicurata fin dagli anni '60, quando il rinvenimento puntuale di importanti strutture romane, creò le condizioni per un vincolo di tutela apposto dalla Soprintendenza ai beni archeologici, che negli anni '90 ha ampliato la protezione di legge a tutto il borgo di Ostia Antica.

Recentemente la Soprintendenza ha riattivato le indagini sull'area accordando una concessione per un cantiere-scuola organizzato dall'American Institute for Roman Culture. La campagna di scavo, iniziata a giugno con 30 studenti di archeologia provenienti da tutto il mondo, ha individuato ambienti domestici di fine IV secolo caratterizzati da uno straordinario pavimento in opus sectile (in parte emerso nella campagna di scavi del 2013), coloratissimi marmi policromi che definiscono precise forme geometriche.

Gli apparati decorativi ritrovati sono tipici di una domus tardo antica appartenente probabilmente ad una famiglia aristocratica. Accanto alla stanza in opus sectile si presenta un'area di riutilizzo, pavimentata con basoli, adibita ad attività commerciali e artigianali tra cui il commercio del pesce, testimoniato dal rinvenimento di ami e pesi di piombo per le reti. Una strada basolata del III secolo d.C. divide l'abitazione da un mausoleo di tarda età Repubblicana che quest'anno ha rivelato una elevata concentrazione di sepolture. Alcune sono sepolture di infanti, del tipo in anfora e a cassone, che trovano riparo addossandosi alle strutture murarie di epoca romana. Le tombe ritrovate in prossimità del mausoleo sono disposte in maniera compatta e risalgono al III-IV sec d.C.. Molte risultano disturbate, altre intatte, ricoprono sepolture precedenti in ambienti decorati con affreschi.

Il riuso del monumento funebre è attestato per un lungo periodo, fino al medioevo, forse in associazione al culto di Santa Monica o di Santa Aurea. All'interno del mausoleo si trova una struttura ottagonale, forse funzionale ad accogliere sei tombe. Il mausoleo circolare con deposizioni a inumazione rientra in una tipologia di riuso frequente in epoca tardo-antica e paleocristiana. Alcune sepolture a inumazione conservano frammenti in lamine di piombo di 'tabellae defixiones' con maledizioni per i profanatori delle sepolture. Nell'antica Roma, le defixiones erano testi di contenuto magico, spesso contenenti maledizioni, scritti su tavolette (tabellae) costituite da lamine di piombo incise a graffio, secondo una pratica descritta dallo storico Plinio il Vecchio.

Lo scavo si è svolto sotto il coordinamento scientifico di Paola Germoni, archeologo responsabile del sito, la co-direzione di Darius Arya e di Michele Raddi, e la collaborazione di Flora Panariti della Soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Roma.

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