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Archeologia: scavi Metro C rivelano più grande vasca d'acque mai ritrovata

La scoperta illustrata oggi dai responsabili della soprintendenza Archeologica (guarda il video). Nell'area di San Giovanni l'azienda agricola più vicina al centro della città dove c'era la prima coltivazione del pesco appena arrivato dal Medio Oriente e un'enorme vasca di irrigazione lunga 70 e larga 35 metri

Una ricostruzione grafica dell'area con il bacino idrico (foto a cura della Cooperativa Archeologia, ricostruzioni a cura di Emanuel Demetrescu e Daniele Ferdani)
Una ricostruzione grafica dell'area con il bacino idrico (foto a cura della Cooperativa Archeologia, ricostruzioni a cura di Emanuel Demetrescu e Daniele Ferdani)
03 dicembre 2014 | 10.01
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Con circa 35 metri di larghezza per 70 di lunghezza e un quarto di ettaro di superficie è il più grande bacino idrico della Roma Imperiale mai ritrovato (guarda le foto). La grande vasca è stata scoperta durante gli scavi archeologici all'interno del cantiere per la Stazione San Giovanni della Metro C a Roma. "E' talmente grande, questa vasca, che supera il perimetro del cantiere e non è stato possibile scoprirla interamente. E' l'elemento di maggior interesse di un'azienda agricola di I secolo, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata trovata" racconta Rossella Rea, responsabile scientifico degli scavi, i cui risultati sono stati illustrati oggi (guarda il video) dai responsabili scientifici della soprintendenza speciale ai Beni Archeologici di Roma (Rossella Rea, Francesca Montella, Simona Morretta, Paola di Manzano) presso l'American Academy in Rome.

Le indagini archeologiche sono state condotte dalla soprintendenza, con la collaborazione tecnica della Cooperativa Archeologica, che ha messo in luce le testimonianze degli insediamenti umani fino a oltre 20 metri di profondità. La vasca "era foderata di coccio pesto idraulico e, nelle dimensioni oggi note, poteva conservare più di 4 milioni di litri d'acqua. Nel I secolo si aggiunge alle strutture di sollevamento e distribuzione idrica di un impianto agricolo attivo dal III secolo a.C. nell'area dell'attuale via La Spezia e di San Giovanni" spiegano le archeologhe Francesca Montella e Simona Morretta, sottolineando che "nessun altro bacino rinvenuto nell'agro romano ha dimensioni paragonabili". La scoperta fornisce dati storici su un settore, quello di San Giovanni, sul quale le informazioni "erano molto scarse", evidenzia Rossella Rea.

"Lo scavo della nuova stazione metropolitana ha consentito di spingere la ricerca archeologica a profondità non altrimenti raggiungibili", sottolinea la responsabile degli scavi, e ha rivelato l'esistenza dell'azienda agricola più vicina al centro di Roma. Una scoperta che ha anche portato alla luce dei reperti paleobotanici di grande interesse. Dai reperti lignei e dal materiale organico ritrovato, infatti, si è scoperto che in quell'area era presente la prima coltivazione del pesco appena arrivato dal Medio Oriente.

L'azienda agricola smise di funzionare alla fine del I secolo d.C.

Tra i vari reperti ritrovati, coevi alla grande vasca, ci sono diversi attrezzi agricoli, come il forcone a tre punte e i resti di ceste realizzate con rametti di salice intrecciati. Alla caccia fanno invece capo le due frecce trovate sul fondo della vasca: aste di legno perfettamente conservate e una con la punta metallica ancora al suo posto, una rarità dovuta alle speciali condizioni di umidità e anossicità.

Ma anche tavole di legno ancora integre che, inserite in gusci di vetroresina, sono state portate in laboratorio. Dei ritrovamenti fanno parte anche diverse tegole, tubuli, antefisse architettoniche e altro materiale contrassegnato dalle lettere 'TL' iscritte in un cerchio, "prova dell'appartenenza di tutte le strutture a un unico impianto e a un unico proprietario", spiega Montella, probabilmente un facoltoso liberto la cui identità resta ancora sconosciuta.

L'azienda smette di funzionare completamente alla fine del I secolo: murature e strutture idrauliche vengono rasate e interrate. Il fenomeno potrebbe essere collegato a una decisione di Frontino, che era stato nominato Curator Aquarum nel 97 d.C. dall'imperatore Nerva. Frontino denuncia la "distribuzione a proprio tornaconto" dell'Aqua Crabra da parte dei fontanieri di Roma. "Io ho bloccato la Crabra - scrive Frontino - e per ordine dell’imperatore l’ho restituita tutta ai Tusculani".

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