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Morto lo scrittore Philip Roth

Afp - AFP
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23 maggio 2018 | 07.11
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E' morto a New York lo scrittore Philip Roth, tra i grandi della letteratura del Novecento. A quanto si legge sul New York Times, Roth è morto ieri sera in un ospedale di Manhattan all'età di 85 anni, "circondato dai suoi amici di una vita che lo hanno profondamente amato", ha scritto il suo biografo, Blake Bailey. Gigante della narrativa americana e mondiale, voce autorevole del dissenso rispetto al mito dell'"american way of life", scrittore dai mille premi, Philip Roth, eterno candidato al Nobel, ha rappresentato per un lungo tempo l'enfant terrible della narrativa ebraico-americana.

Roth ha mantenuto un suo ruolo di coscienza critica nell'ambito di questo filone letterario e, più in generale, della letteratura americana contemporanea, estendendo la sua satira corrosiva e dissacrante dalla comunità di origine all'intera società statunitense, per giungere a opere connotate da elementi autobiografici e da una forte componente autoriflessiva. Un'opera esemplificata da romanzi non solo noti ma assurti a capolavori: "Il lamento di Portnoy" (1969), "Professore di desiderio" (1977), "Zuckerman scatenato" (1981), "Il teatro di Sabbath" (1998) "Pastorale americana" (1997), per il quale ha vinto il premio Pulitzer, "Everyman" (2006).

NOBEL - Roth è stato privato dall'Accademia Svedese, ora al centro di uno scandalo per molestie sessuali e favoritismi che ne ha minato la credibilità, del più prestigioso riconoscimento della letteratura. Anzi, i giurati di Stoccolma gli hanno giocato, negli ultimi anni di vita, un brutto tiro mancino, quasi una beffa, consegnando il Nobel nel 2016 al 'menestrello del rock' Bob Dylan, non uno scrittore di romanzi memorabili, come quelli celebrati di Roth, ma un autore di canzoni, seppur popolari ed entrate in diversi casi nell'immaginario collettivo. Del resto, nel 2008, Horace Engdahl, all'epoca segretario permanente dell'Accademia Svedese, rompendo una consuetudine storica di riservatezza e silenzio sulle scelte del Nobel - a proposito del toto-nomi che ipotizzava Philip Roth come il favorito, rilasciò un'intervista spiazzante in cui definiva gli scrittori Usa "provinciali" e quindi non meritevoli del prestigioso riconoscimento assegnato a Stoccolma.

ROMANZI - Nato il 19 marzo 1933 a Newark, nel New Jersey, figlio di ebrei borghesi molto osservanti, Roth fu studente brillante; conseguita la laurea in letteratura inglese, insegnò per breve periodo presso l'Università di Chicago. Nel 1959, abbandonata la carriera universitaria, esordì con "Addio, Columbus", volume di racconti ambientati in una comunità ebraica contemporanea in cui affiorano segni di decadimento. Il libro rivelò subito uno stile ironico, coltissimo, imbevuto di suggestioni culturali cui è stato e sarà sempre soggetto: la psicanalisi, il laicismo di matrice ebraica, la satira del contemporaneo. Sullo stesso sfondo si muovono i personaggi dei successivi romanzi, "Lasciarsi andare" (1962) e "Quando lei era buona" (1966), romanzi interlocutori che preludono al grande successo di "(Il lamento di Portnoy", commedia dissacrante e grottesca che gli alienò per lungo tempo le simpatie della comunità d'origine.

Il quarto titolo della produzione di Roth è considerato il suo primo capolavoro: "Il lamento di Portnoy" è al tempo stesso una tragedia e una commedia personale, recitata da Alexander Portnoy, un paziente ossessivamente monologante sul lettino dello psicanalista, in preda a una inestricabile nevrosi a sfondo maniacalmente sessuale. Nonostante le accuse di scurrilità (centrate soprattutto sull'aver reso esplicita l'attività di masturbazione del protagonista), e in parte grazie a quelle, il libro fu un successo di vendite.

Dopo il controverso successo del "Lamento", Roth allargò la sua corrosiva satira ad altri aspetti della società statunitense, sperimentando anche la satira politica con "Cosa bianca nostra" (1971), in cui il personaggio Trick E. Dixon appare come una presa in giro dell'allora presidente Richard Nixon) e con "Il grande romanzo americano" (1973), un romanzo costruito intorno al baseball e all'ossessione anti-comunista degli americani. Un certo surrealismo di matrice kafkiana appare ne "Il seno" (1972), dove un professore universitario si risveglia trasformato in un'enorme mammella.

A partire da "Il professore di desiderio" (1977) Roth ha spostato progressivamente la sua attenzione sulla figura dello scrittore contemporaneo e sulle sue disillusioni, ponendola al centro di una saga caratterizzata da spunti autobiografici ed elementi di autoriflessione, con una serie di titoli che costituiscono una delle punte di diamante della letteratura contemporanea americana.

Particolarmente felice è la saga che ha al centro il personaggio (e voce narrante) di Nathan Zuckerman, protagonista di "Lo scrittore fantasma" (1979), "Zuckerman scatenato" (1981), "La lezione di anatomia" (1983), "Zuckerman incatenato" (1985). Solo come personaggio appare pure in "L'orgia di Praga" (1985), "La controvita" (1987), "Pastorale americana" (1997), "Ho sposato un comunista" (1998), "La macchia umana" (2001) e "Il fantasma esce di scena" (2007).

Con "Operazione Shylock: una confessione" (1993) Roth visita Israele, dove qualcuno si sta facendo passare per lui; incontra l'impostore, che spiega le proprie ragioni come attività di propaganda politica per una nuova diaspora. Il sottotitolo "confessione" vuole appunto portare a far credere che non si tratti di un romanzo, ma di una storia vera.

"Il teatro di Sabbath" (1995), racconta di Mickey Sabbath, artista dedito a frequentare prostitute e maschera da "vecchio porco" a cui piace manipolare gli altri, soprattutto le donne, tra le quali spicca il personaggio di Drenka, immigrata croata, altrettanto depravata. Sabbath considera la propria vita un fallimento e medita sul suicidio, ma il tono complessivo è alquanto comico. Il romanzo ha ricevuto il National Book Award ed è stato definito dal critico letterario Harold Bloom un "capolavoro assoluto".

Imprevisto ed epico è l'ultimo sviluppo della narrativa di Roth: con "Pastorale americana" (1997), un romanzo definito dal "New Yorker" "epocale", con "Ho sposato un comunista" (1998), dove passa dall'allegoria alla cronaca letteraria della storia dell'intera nazione americana, e con "La macchia umana" (2000), considerati una "trilogia".

"Pastorale americana", insignito del Pulitzer e diventato l'omonimo film del 2016 diretto e interpretato da Ewan McGregor, racconta la vita del suo personaggio principale, Seymour Levov ("lo svedese", o "the Swede"), e in particolare come le sue grandi doti personali e i suoi enormi sforzi non siano sufficienti a evitare un disastro familiare.

Seymour Levov detto "Swede", bello, atletico, ricco, sposo di una ex miss New Jersey, è padre di una figlia ribelle che per protestare contro la guerra in Vietnam si è data alla clandestinità. La "vita perfetta" si sgretola. Tutto questo viene raccontato dal fratello Jerry a una riunione di ex allievi di una scuola, cui partecipa anche Nathan Zuckerman.

Tra le sue opere più recenti occorre ancora citare: "Il complotto contro l'America" (2004), racconto dell'antisemitismo americano degli anni quaranta durante la presidenza di Charles Lindbergh; "Everyman" (2006), riflessione sull'invecchiare e sull'ammalarsi e sul morire (con questo romanzo Roth diventa l'unico scrittore ad aver preso tre volte il Premio Pen/Faulkner per la narrativa); "Indignazione" (2008), vicenda di disperazione e inesperienza ambientata al tempo della guerra di Corea, che ha suscitato pareri discordi tra i critici; "L'umiliazione" (2009),, in cui torna a indagare i nodi problematici dell'esistenza; "Nemesis" (2010), romanzo che si svolge negli anni Quaranta del Novecento durante una epidemia di poliomielite.

Philip Roth, che nel 2012 aveva annunciato il suo addio alla narrativa per ritirarsi a vita privata, ha pubblicato nel 2017 il volume "Why write?", che compendia tutta la sua produzione saggistica. Nello stesso anno è stato edito in Italia sotto il titolo "Romanzi 1959-1986" il primo di tre volumi dedicati ai suoi testi narrativi, pubblicato nella collana I Meridiani di Mondadori. Tutti i romanzi di Roth sono nel catalogo Einaudi.

PREMI - L'albo d'oro dei riconoscimenti per Philip Roth è gigantesco, dove spicca clamorosamente l'assenza del Nobel. Ha vinto il Premio Pulitzer nel 1997 per "Pastorale americana". Nel 1998 ha ricevuto la National Medal of Arts alla Casa Bianca, e nel 2002 il più alto riconoscimento dell'American Academy of Arts and Letters, la Gold Medal per la narrativa. Ha vinto due volte il National Book Award e il National Book Critics Circle Award, e tre volte il Pen/Faulkner Award.

Nel 2005 "Il complotto contro l'America" ha ricevuto il premio della Society of American Historians per "il miglior romanzo storico di tematica americana nel periodo 2003-2004". Roth ha ricevuto i due più prestigiosi Pen Award: nel 2006 il Pen/Vladimir Nabokov Award e nel 2007 il Pen/Saul Bellow Award for Achievement in American Fiction. Roth è l'unico scrittore americano vivente la cui opera sia pubblicata in forma completa e definitiva dalla Library of America. Nel 2011 ha ricevuto la National Humanities Medal alla Casa Bianca, ed è poi stato dichiarato vincitore della quarta edizione del Man Booker International Prize. Nel 2012 dai reali di Spagna ha ricevuto il Premio Principe delle Asturie. Nel 2013 è stato nominato Cavaliere della Legion d'Onore dalla Repubblica francese.

Tra gli altri riconoscimenti figurano il Premio Franz Kafka nel 2001, il WH Smith Literary Award nel 2001, il National Book Foundation's Award for Distinguished Contribution to American Letters nel 2002, il Prix Médicis nel 2002, il Sidewise Award for Alternate History nel 2004, il WH Smith Literary Award nel 2004.

FILM - Oltre a "Pastorale americana", il cinema ha visto i romanzi di Roth protagonisti di altri sei film "La ragazza di Tony", con regia di Larry Peerce (1969), tratto da "Addio, Columbus"; "Se non faccio quello non mi diverto", con regia di Ernest Lehman (1972), da "Il lamento di Portnoy"; "La macchia umana", con la regia di Robert Benton (2003); "Lezioni d'amore", con la regia di Isabel Coixet (Elegy, 2008); "The Humbling", con regia di Barry Levinson (2014); "Indignazione", con la regia di James Schamus (2016).

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