Analisi retrospettiva fotografa calo protezione da contagio e forme gravi settimana dopo settimana quando Delta era dominante
La terza dose del vaccino anti-Covid era necessario e i dati italiani lo confermano. E' la conclusione a cui approda uno studio pubblicato su 'Bmj' da ricercatori dell'Istituto superiore di sanità (Iss) che hanno valutato l'efficacia dei vaccini a mRna e la diminuzione della protezione contro l'infezione da Sars-CoV-2 e dalle forme gravi di Covid-19 durante il dominio della variante Delta nel nostro Paese. Quello che emerge è che è stato giusto avviare la campagna per somministrare la terza dose entro 6 mesi dal ciclo primario, anche a un certo punto riducendo l'intervallo. Lo studio di coorte retrospettivo fotografa infatti il calo dell'effetto scudo dei vaccini settimana dopo settimana, documentando i tempi con cui è avvenuto.
Nel dettaglio, il lavoro è stato condotto considerando un arco di tempo che va dal 27 dicembre 2020 al 7 novembre 2021, e analizzando i dati di oltre 33 milioni di persone dai 16 anni in su che hanno ricevuto una prima dose di vaccino Pfizer/BioNTech o Moderna, senza precedente diagnosi di infezione da Sars-CoV-2. Durante la fase epidemica in cui la variante Delta era il ceppo dominante, l'efficacia del vaccino contro il contagio "è diminuita significativamente - confermano gli autori, tra cui figurano anche nomi come quello del presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, e del direttore generale Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza - calando dall'82% osservato 3-4 settimane dopo la seconda dose di vaccino al 33% misurato 27-30 settimane dopo la seconda dose".
Negli stessi intervalli di tempo, anche l'efficacia contro Covid grave è diminuita, sebbene in misura minore, osservano gli autori, scendendo dal 96 all'80%. Le persone ad alto rischio, gli over 80 e quelli di età compresa tra 60 e 79 anni "non sembravano essere protetti contro le infezioni a 27-30 settimane dalla seconda dose di vaccino".
I risultati, concludono dunque gli esperti, "supportano le campagne di vaccinazione" con richiamo che in Italia si è deciso di rivolgere subito alle "persone ad alto rischio, agli over 60 e agli operatori sanitari, sei mesi dopo il ciclo di vaccinazione primaria. I risultati suggeriscono inoltre" che potrebbe essere "giustificato programmare la dose di richiamo" anticipandola "prima dei sei mesi dal completamento del ciclo primario ed estendere l'offerta alla più ampia popolazione ammissibile".