Il figlio del commissario ucciso: "E' passato mezzo secolo e si tratta di una persona anziana e molto malata"
"Da tempo sono convinto, insieme a mia madre e ai miei fratelli, che mettere oggi in carcere Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio di mio padre, non abbia più molto senso, perché è passato mezzo secolo e perché si tratta di una persona anziana e molto malata". Così Mario Calabresi nel giorno in cui la Francia ha negato l'estradizione per l’ex militante di Lotta Continua, condannato in Italia come uno dei mandanti dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
"Ma la decisione di rigettare in blocco la richiesta di estradizione per tutti e dieci gli ex terroristi rifugiati da anni in Francia - sottolinea Calabresi - senza fare distinzione tra le loro diverse biografie, gli iter giudiziari, le condizioni di salute, ha un sapore che la mia famiglia e quelle degli altri parenti delle vittime conoscono molto bene. Il sapore amaro di un sistema, quello francese, che per decenni ha garantito l’impunità ad un gruppo di persone che si sono macchiate di reati di sangue", attacca il giornalista.
"Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi, ma non si può pensare che il tempo possa rimediare o cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo. Oggi forse gli ex terroristi festeggeranno di averla scampata per sempre, ma- conclude - insieme al sollievo, auguro loro di sentire un’emozione diversa: il bisogno di fare i conti con le loro responsabilità e, un istante dopo, il coraggio di fare un passo e contribuire alla verità su quei delitti".