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Stupro Palermo e caccia a video, Garante Privacy avvisa Telegram: "Conseguenze anche penali"

Dall'Autorità due provvedimenti d'urgenza

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23 agosto 2023 | 12.52
LETTURA: 2 minuti

Il Garante Privacy mette in guardia sulle conseguenze, anche di natura penale, della diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro di Palermo e dell’eventuale video realizzato.

A seguito di numerose notizie stampa su una “caccia alle immagini” scatenatasi nelle chat, l’Autorità - con due provvedimenti d’urgenza - ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma, affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, in contrasto, peraltro, con le esigenze di tutela della dignità della ragazza.

Il Garante ricorda che la diffusione e la condivisione del video costituiscono una violazione della normativa privacy, con conseguenze anche di carattere sanzionatorio, ed evidenzia i risvolti penali della diffusione dei dati personali delle persone vittime di reati sessuali (art. 734 bis del codice penale).

Familiari arrestati denunciano 'minacce sui social'

Minacce di morte sui social ai sette ragazzi arrestati e i genitori hanno deciso di denunciare tutto alla polizia. I familiari si sono presentati in commissariato per presentare una querela per le numerose minacce ricevute su Instagram, Facebook e TikTok. Ma anche per denunciare la violazione dei profili social dei figli. Indaga la polizia postale.

Sei indagati potrebbero presto lasciare il carcere Pagliarelli di Palermo per essere trasferiti in altri istituti di detenzione. E' la stessa direzione del carcere a chiedere, con una relazione, il trasferimento dei sei. Il settimo indagato, che il 7 luglio era ancora minorenne, ha lasciato il carcere minorile e ora è in una comunità. Secondo il carcere il trasferimento è necessario per "prevenire possibili azioni destabilizzanti per l'ordine e la sicurezza" dell'istituto. Anche gli stessi indagati avrebbero chiesto ai loro legali di poter andare in altre carceri.

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