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Strage Fidene, ministeri Difesa e Interno e Tiro a Segno chiedono esclusione da responsabili civili

Legale parte civile avv. Gabrielli: "da ministeri e Tiro a Segno responsabilità oggettiva"

Strage Fidene, ministeri Difesa e Interno e Tiro a Segno chiedono esclusione da responsabili civili
16 novembre 2023 | 20.43
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Il ministero dell’Interno, quello della Difesa e il Tiro a Segno Nazionale hanno chiesto di essere esclusi come responsabili civili nel procedimento che vede imputato Claudio Campiti, l’uomo che lo scorso undici dicembre ha aperto il fuoco durante una riunione del consorzio Valleverde in un gazebo di via Monte Gilberto, a Fidene, uccidendo quattro donne: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. La chiamata in causa dei ministero e del Tiro a Segno è stata richiesta nella scorsa udienza dalle parti civili, familiari e amici delle vittime, sottolineando come la sottrazione dell’arma dal poligono di Tor di Quinto non fosse il primo caso avvenuto e che quindi addetti e vertici del poligono, dell’Unione italiana Tiro a segno e i ministeri della Difesa e degli Interni si sarebbero dovuti attivare.

Nel corso dell’udienza davanti al gup il legale dell’Unione Italiana Tiro a Segno, nel chiedere l’estromissione come responsabile civile che sarebbe chiamato a un eventuale risarcimento del danno, nel suo intervento ha sostenuto che sia stato leso il diritto alla difesa non avendo potuto partecipare agli accertamenti irripetibili, come lo svolgimento delle autopsie, e non potendo escludere così la presenza di patologie pregresse. Un passaggio che ha scatenato l’indignazione delle parti civili presenti e la reazione del pubblico ministero Giovanni Musarò che replicando ha chiesto come in un processo dove si respira così tanto dolore si possa fare un’affermazione del genere senza arrossire. Un intervento sottolineato da un applauso dell’aula.

Gli avvocati di parte civile hanno contestato anche il richiamo dell’avvocatura dello Stato ad una applicazione formalistica del codice, sostenendo che il giudice debba garantire anche una tutela sostanziale alle vittime dei reati e giustizia, applicando il codice con un’ottica di garanzia non solo per i diritti di difesa dell’imputato. La decisione sul punto e’ attesa per la prossima udienza, fissata per il 27 novembre prossimo, quando il gup scioglierà la riserva.

Nell’inchiesta, dopo le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, a Campiti vengono contestate le accuse di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, di tentato omicidio di altre cinque persone sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti.

Oltre che per Campiti la procura ha chiesto il processo anche per il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto a Roma dove l’11 dicembre Campiti prese l’arma utilizzata poi per compiere la strage. Entrambi, accusati di omissioni sul controllo e la vigilanza sulle armi, hanno scelto però di rinunciare all’udienza preliminare andando direttamente a giudizio con la prima data del processo fissata nel 2024.

“La riforma Cartabia impone al gup di togliersi la toga penale e affrontare il tema della responsabilità degli enti come farebbe un giudice civile: i responsabili civili si difendono sostenendo di non avere alcun rapporto con l’imputato ma la loro responsabilità oggettiva va collegata al fatto che Campiti era socio con tessera platinum del poligono, quindi a tutti gli effetti un loro assiduo cliente”. Così all’Adnkronos l’avvocato Massimiliano Gabrielli, uno dei legali di parte civile nel processo per la strage di Fidene che vede imputato Claudio Campiti. “Il tema che Campiti fosse un cliente e che qualcuno sul risparmio sulla sicurezza al poligono ci abbia guadagnato resta un dato di fatto innegabile”, sottolinea il legale.

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