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Strage Erba, "Olindo e Rosa soli colpevoli": le motivazioni del no alla revisione del processo

I giudici della corte d'Appello di Brescia che hanno giudicato "inammissibile" la richiesta segnalano una "mancanza di novità" e un "difetto di legittimazione del proponente"

Rosa Bazzi e Olindo Romano - Fotogramma
Rosa Bazzi e Olindo Romano - Fotogramma
07 ottobre 2024 | 15.27
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La richiesta di revisione sulla strage di Erba che vede condannati all'ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi "è inammissibile" sotto un duplice profilo, ossia "dalla mancanza di novità e della inidoneità a ribaltare il giudizio di penale responsabilità delle prove di cui è chiesta l'ammissione". E' uno dei passaggi delle motivazioni con cui i giudici della corte d'Appello di Brescia hanno 'chiuso' la strage dell'11 dicembre del 2006.

"Difetto di legittimazione" del pg Tarfusser

La richiesta di revisione presentata dal procuratore generale di Milano (oggi in pensione) Cuno Tarfusser "prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova, è inammissibile per difetto di legittimazione del proponente", sostengono i giudici nelle motivazioni con cui parlano di "violazione delle regole" e respingono così la 'riapertura' del caso.

In questo caso, "la richiesta di revisione è stata formulata da un sostituto procuratore generale della Corte d'appello di Milano privo di delega relativamente alla materia delle revisioni, riservata, secondo li documento organizzativo dell'ufficio, all'avvocato generale, e non assegnatario del fascicolo ed è stata depositata nella cancelleria del procuratore generale di Milano, che l'ha trasmessa alla Corte, evidenziando la carenza di legittimazione del proponente, disconoscendone il contenuto e chiedendo che fosse dichiarata inammissibile".

"Nessuna fuga dai tetti o piste alternative"

Nelle 88 pagine i giudici sottolineano più volte l'assenza di "nuove prove" o come nell'elenco del pool difensivo tra gli elementi vengano menzionate interviste televisive "prive di qualsivoglia valore probatorio". Non c'è nessun "accanimento", ma un impianto accusatorio "solido" verso chi, la sera dell'11 dicembre del 2006, ha ucciso - armato di spranga e coltelli - Raffaella Castagna (30 anni), il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la nonna materna del piccolo Paola Galli (57).

E' la mancina Rosa Bazzi ad affondare la lama nella gola del bambino. Le fiamme appiccate cancellano le tracce, ma quando gli aggressori si chiudono alle spalle la porta dell'appartamento di Raffaella si trovano di fronte, increduli, i vicini di casa: si salva per una malformazione alla carotide Mario Frigerio assalito da Olindo Romando, viene colpita sulle scale e poi uccisa nella loro mansarda la moglie Valeria Cherubini (55). Poi l'acqua per spegnere le fiamme cancella altre tracce.

Contro la coppia non ci sono solo le plurime confessioni, ma prove ed evidenze scientifiche come le "cause e la dinamica degli omicidi". La tesi della via di fuga alternativa "è smentita dall'assenza di tracce di passaggio sull'abbaino e sul tetto di casa Frigerio e sul terrazzino, sul muro esterno e sulla grondaia di casa Castagna e dal dato tecnico d'incontrovertibile valenza probatoria del rinvenimento intorno e sulla maniglia interna del portoncino dello stabile del sangue di Valeria Cherubini (lo stesso trovato sul battitacco della Seat Arosa di Romano), che prova che gli autori del massacro uscirono da li, come, del resto, affermato da Romano e Bazzi nelle tanto contestate confessioni".

Una volta usciti dal portoncino, i due hanno dovuto percorrere un breve tragitto nella corte della 'Palazzina del ghiaccio', in parte schermato dall'ingombro del loro camper, per raggiungere la lavanderia in cui, sempre secondo le loro dichiarazioni, "si sono mondati delle tracce, mentre qualsiasi soggetto estraneo al condominio, sarebbe dovuto uscire nella corte o calarsi dal terrazzino di casa Castagna lordo di sangue". L'ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell'ambito del traffico di sostanze stupefacenti "è stato invano approfondito nella prima fase delle indagini e non ha trovato alcun riscontro neppure nelle indagini condotte in parallelo dalla Guardia di finanza di Como e non può certo trovare nuova linfa nelle apodittiche affermazioni e nelle supposizioni degli altri pregiudicati intervistati mentre era in corso l'odierno processo di revisione".

Tre prove inchiodano Rosa e Olindo

Contro Olindo e Rosa Bazzi ci sono tre prove centrali: la traccia ematica di Valeria Cherubini sul battitacco della Seat Arosa, - "escluso possa essere stata lì deposta durante la perquisizione e neppure può sospettarsi essere frutto di una contaminazione in laboratorio"sostengono i giudici; il riconoscimento del supertestimone, - "la prova che ha concorso a formare il giudicato di condanna non è costituita dalla deposizione o dall'annotazione di Gallorini ma dalla testimonianza resa in dibattimento da Mario Frigerio" scrive la corte d'Appello di Brescia -; e le loro plurime e dettagliate confessioni agli inquirenti, sulla Bibbia o al compagno di cella nel caso di Olindo.

A pesare c'è anche il movente (le liti tra vicini), la circostanza che "Romano e Bazzi la sera del fatto avessero delle piccole ferite, non abbiano aperto subito ai carabinieri, sostenendo di essersi addormentati, nonostante li trambusto e i vigili del fuoco in azione per spegnere un incendio accanto al loro appartamento e si siano precipitati a tirar fuori lo scontrino di Mc Donalds). E ancora: le caratteristiche delle ferite delle vittime hanno consentito al medico "di ipotizzare che gli aggressori fossero due, uno più alto e uno più basso, uno destro e uno mancino, uno più forte dell'altro; li fatto che il contatore (dell'energia elettrica, ndr) fosse chiuso e solo i condomini potessero aprirlo per staccare la corrente; li fatto che solo i coniugi Romano sarebbero potuti uscire, rifugiandosi nella lavanderia, senza essere visti" concludono i giudici.

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