A più di 17 anni dai fatti si tenta di ribaltare un verdetto - i due sono stati condannati all'ergastolo - che ha retto per ben tre gradi di giudizio
Rinvio lungo per conoscere il destino giudiziario di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage di Erba. La corte d'appello di Brescia, chiamata a decidere sulla richiesta di revisione del processo avanzata dalla difesa dei coniugi, rinvia l'udienza al prossimo 10 luglio per dare spazio alle brevi repliche e controrepliche delle parti.
Il giudice Antonio Minervino, che presiede la corte d'Appello di Brescia, nella giornata in cui prendonp la parola i legali della difesa spiega che non ci sarà oggi la camera di consiglio "perché la carne al fuoco è tanta".
"Ci sono tre consulenze che descrivono una dinamica dei fatti completamente diversa da quelli della sentenza e rendono incompatibili Olindo e Rosa come colpevoli della strage di Erba". E' uno dei passaggi dell'arringa di Fabio Schembri, avvocato di Olindo Romano, condannato all'ergastolo, insieme alla moglie Rosa Bazzi, per la strage di Erba.
Nella sua ricostruzione, nell'udienza sulla revisione del processo in corso a Brescia, sottolinea come la descrizione dell'omicidio della vicina di casa Valeria Cherubini, una delle quattro vittime dell'11 dicembre 2006, è "un'ipotesi fantascientifica. E' impossibile che le cose sono andate come descritte nella sentenza".
Nella sua discussione Schembri ricorda come, con i colpi ricevuti alla testa e alla gola, Valeria Cherubini non avrebbe potuto urlare 'aiuto' come sentito dai primi soccorritori e che non avrebbe potuto salire le scale per raggiungere il suo appartamento. "La nuova prova introduce che l'assassino o gli assassini erano ancora in casa perché la sentirono gridare, la prova nuova attesta che venne colpita su e questo è un aspetto che oggi potrebbe diventare dirimente".
La dinamica della strage "è incompatibile con Olindo e Rosa" perché "sarebbero stati visti dai primi soccorritori", due vicini di casa, intervenuti sul "pianerottolo angusto" di casa Castagna. "E' impossibile che non li abbiano visti uscendo e anche con i tempi non ci siamo, è impossibile che nessuno nella corte piena li abbiano visti. Abbiamo un'impossibilità oggettiva".
"Noi sosteniamo che quella traccia (di sangue di Valeria Cherubini, ndr) non c’è mai stata sul battitacco", dice riferendosi ad uno degli elementi dell'indagine. "Nelle confessioni dicono che ci sono sei dettagli che potevano conoscere solo gli assassini, ma quei dettagli li conoscono tutti. L’8 gennaio (del 2007, ndr) gli hanno letto le dichiarazioni di Frigerio (unico sopravvissuto) a Olindo, loro non sapevano i punti di innesco nell'appartamento dei Castagna, sapevano quello che risultava dalle fotografie, non sapevano del punto di innesco nella cameretta del bambino o sul corpo delle povere vittime. Parlano di un accendino, ma invece vengono utilizzati più acceleranti. Queste leggende metropolitane che sono andate avanti sono false" aggiunge il difensore. "Le sentenze non hanno spiegato i dubbi, ma li hanno nascosti. Vi chiedo di ammettere i testi e accertare i fatti che devono essere accertati" chiosa Schembri.
"Il mio problema da 17 anni è un cortocircuito: ho in carcere Rosa con una disabilità che ti crea sofferenza tutti i giorni, ma nelle sentenze la valutazione psicopatologica di lei e Olindo Romano è un dato che è mancato e questa per me è la criticità più grave", dice Luisa Bordeaux, legale di Rosa Bazzi. Per l'avvocatessa "non è Rosa che conduce le danze. Rosa si adegua, si allinea, confessa perché qualche minuto prima Olindo gli dice che avrebbe confessato".
Le intercettazioni restituiscono una coppia che non teme le notizie della stampa sul quadruplice omicidio. "Questa strage orrenda ha due caratteristiche: chi agisce lo fa nella completa oscurità e tutte le vittime hanno un colpo di scannamento che è il colpo di grazia, stessa mano, stessa tecnica per le quattro vittime" aggiunge l’avvocatessa che "chiede l’ammissione delle prove. Olindo sulla Bibbia invoca la verità, prima esaminate le prove e poi decidete".
Olindo Romano e Rosa Bazzi presenti in aula nella nuova udienza. Lui, maglioncino grigio e pantaloni scuri, si è seduto nella gabbia, è rimasta in piedi, invece, a un paio di passi di distanza (sempre dietro le sbarre) Rosa, che indossa una giacca nera e una maglietta bianca.
Non ci sono invece Giuseppe e Pietro Castagna, fratelli e familiari di tre delle quattro vittime. “Per loro essere qui sarebbe motivo di dolore. La verità è già scritta e speriamo che presto sia confermata e che non si debba più parlare di questa strage, ma si ricordino le vittime” sono le parole pronunciate - prima di entrare in aula - dall'avvocato Massimo Campa che tutela gli interessi dei fratelli Castagna.
"Conduco questa battaglia per tutti. Ho letto le carte, ho visto il percorso di questi anni che confermano che qualcosa non va. Sono tantissime le cose che non tornano", dice Azouz Marzouk, marito e padre di due delle quattro vittime, varcando l'ingresso del tribunale di Brescia. Azouz Marzouk fin dal primo grado ha nutrito dubbi sulla colpevolezza dei coniugi Romano.
A più di 17 anni dai fatti la difesa tenta dunque di ribaltare un verdetto che ha retto per ben tre gradi di giudizio mettendo in fila le prove nuove, le criticità dell'indagine e mettendo in discussione i tre pilastri dell'accusa: le confessioni degli imputati, il ricordo dell'unico testimone oculare e la prova scientifica.