Secondo Paolo Biasci (Fimp): "La reintroduzione del certificato si basa solo sulla valutazione delle condizioni cliniche, offre una falsa sicurezza sulle condizioni di contagiosità degli alunni"
"La richiesta di reintroduzione dell’obbligo del certificato medico per il rientro a scuola è priva di fondamento scientifico e contraddice le raccomandazioni sin qui promosse per contenere l’epidemia. Il mondo della scuola dovrebbe volere insieme a noi le misure che consentano a bambini e ragazzi di frequentare le lezioni in sicurezza". Lo afferma Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), replicando alla richiesta dell’Associazione nazionale presidi di rendere obbligatoria, dopo un’assenza superiore a 5 giorni, la presentazione del certificato medico per la riammissione a scuola.
"E la reintroduzione del certificato, che si basa solo sulla valutazione delle condizioni cliniche, offrirebbe invece una falsa sicurezza sulle condizioni di contagiosità degli alunni - aggiunge - Restiamo alle norme dell’ultimo Dpcm e seguiamo il percorso assistenziale indicato che prevede l’esecuzione del tampone naso-faringeo in tutte le principali e più frequenti condizioni che causano l’assenza dalle comunità scolastiche. Piuttosto cerchiamo di migliorarne la gestione degli aspetti organizzativi, per la quale durante gli ultimi mesi si è fatto ben poco".
"Abbiamo ormai un collaudato sistema di triage telefonico, eventualmente associato al videoconsulto – afferma Biasci – che ci permette di individuare tutti i casi sospetti di infezione da Covid-19. Per una frequenza scolastica in sicurezza abbiamo la necessità del referto di un tampone in tempi più rapidi possibili, per poter redigere un attestato che permetterà il rientro a scuola. Vogliamo tornare ad affollare gli studi dei pediatri di famiglia con accessi non necessari per un adempimento burocratico cancellato tempo fa, proprio perché privo di valore scientifico e che non permette di escludere la contagiosità? Come possiamo infatti certificare con certezza la non contagiosità di un paziente senza prima aver effettuato l’unico test ad oggi validato per risolvere la diagnosi?”.
“Piuttosto – conclude Biasci – concentriamoci sugli aspetti organizzativi della gestione dell’epidemia. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma non è possibile dover attendere 4-5 giorni ed anche più l’esito del tampone naso-faringeo per il Covid-19 quando, se lo stesso paziente va in Pronto Soccorso, la risposta arriva in 4 ore. Cerchiamo di ridurre la disparità tra tempi dell’ospedale e del territorio. I primi a beneficiarne saranno i bambini e le loro famiglie".