Due versioni di latino in un giorno, dieci pagine di inglese, elaborati e verifiche scritte di scienze, storia e matematica. Tutto da consegnare entro la settimana, per via telematica. Compiti, compiti, tanti compiti. Ogni giorno, e con poco confronto con i compagni di classe o con i prof. "Così non va - storcono il naso i genitori - i nostri ragazzi sono carichi di lavoro". Sulla didattica a distanza, del resto, il Miur è stato chiaro: deve essere agile e leggera, senza che rinunci a svolgere il suo importante compito educativo. Ma le associazioni dei genitori manifestano un po' di preoccupazione: "Sono caricati in modo indecente - spiega all’Adnkronos Angela Nava Mambretti, presidente Coordinamento Genitori Democratici - andando avanti così perderemo una generazione come motivazione allo studio".
Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano: "La scuola - ragiona Nava Mambretti - dovrebbe fermarsi e fare un momento di riflessione. Non si può applicare la stessa metodologia in presenza con la Dad. E’ cambiato solo il mezzo ma compiti e valutazioni si basano sugli stessi elementi. I più piccoli si concentrano su uno schermo in un numero di ore eccessivo. Fino all'anno scorso li dissuadevamo dall’uso dello schermo e ora li piazziamo lì davanti". Colpa degli insegnanti? "Loro sanno di avere meno tempo ma non possono pensare che possano essere i bambini a supplire, con i compiti, la corsa verso il programma - rimarca Nava Mambretti -. Nessuno getta la croce sui prof., nessuno era preparato ma non possiamo pensare nell’emergenza di usare i vecchi meccanismi, il sistema è cambiato, va pensato qualcosa di nuovo”.
La sensazione di molti genitori, è proprio questa: che per raggiungere degli obiettivi in modo rapido, gli insegnanti stiano assegnando molti più compiti rispetto a prima: "Si sta chiedendo ancora di più ma la Dad non deve essere una pratica fine a sé stessa" spiega la presidente di Age, l’associazione italiana dei genitori, Rosaria D’Anna. La diatriba tra i tanti compiti a casa rispetto alle ore in presenza, sottolinea D’Anna "è sempre stata in atto, soprattutto da parte dei genitori". Ma ora il sovraccarico si fa sentire di più "perché la giornata dei ragazzi si articola tra le lezioni al pc e i compiti pomeridiani, che vengono assegnati quotidianamente”. E se è vero che i compiti a casa hanno sempre fatto parte del programma scolastico, anche con le lezioni in presenza, “prima c’erano attività complementari come la musica e lo sport che scandivano gli intervalli” afferma la numero uno di Age.
Negli ultimi giorni, l’allarme arrivato all’attenzione dell’associazione non riguarda solo il fatto che la prolungata presenza davanti al pc possa sfiancare i più piccoli ma che dopo le videolezioni i compiti spesso siano “un surplus”. “La sensazione che hanno i ragazzi è che non si stacchi mai, soprattutto trascorrendo la giornata chiusi in casa – fa notare ancora D’Anna -. E’ un allarme da valutare anche rispetto all’aiuto da dare ai più piccoli. Molti di loro, non avendo i genitori in casa, perché non tutti hanno la fortuna di lavorare in smart working, possono avere difficoltà maggiori”.
Un altro problema, lamenta Age, è il mancato confronto con prof e i compagni di classe. “Lo abbiamo fatto presente tante volte – sottolinea D’Anna -. Il distanziamento sociale ha creato non pochi disagi, soprattutto per i bambini fragili che avevano bisogno di più supporto con la didattica in presenza. La Dad non può essere prolungata per troppo tempo ma quando cerchiamo di portare la questione all’attenzione ministeriale, a causa della pandemia, ci dicono che la salute è prioritaria”.
La situazione, fortunatamente, non è così ovunque. “Per molti studenti il sovraccarico di compiti è solo una sensazione – rimarca D’Anna -. Gli insegnanti devono svolgere il programma e raggiungere gli obiettivi scolastici anche con la Dad, ma c’è da dire che il sovraccarico a volte è una sensazione dei ragazzi che ora hanno la scuola in casa. E’ come se, senza alcun break o distrazione, non smettessero mai di studiare”.
Più che del carico lavorativo, i genitori sono preoccupati del carico emotivo: “Molti bambini e ragazzi lo stanno avvertendo – spiega D’Anna - soprattutto i più piccoli. Pensiamo a quelli che stanno imparando ora a leggere e scrivere. Si tratta di traguardi che si raggiungono con gli altri compagni, in serenità, in classe e questo non può essere sostituito da niente”.
A pesare sugli studenti non sono solo i compiti ma anche la complessità della Dad "che crea un forte disagio ai nostri ragazzi" rimarca Antonio Affinita, direttore generale del Moige. "Non è un approccio di didattica, è una didattica di emergenza, integrativa - sottolinea -. La Dad è un nome troppo nobile per parlare di didattica, direi che si tratta di tentativi di didattica. I docenti non sono stati formati adeguatamente e da parte loro riscontriamo grandi difficoltà".
Per non parlare delle famiglie più povere: "Non hanno gli strumenti tecnici per collegarsi bene, sia in termini di connessione sia in termini di hardware - conclude Affinita -. Il nostro auspicio è che si torni quanto prima a una didattica frontale. La fascia dei ragazzi, peraltro, è quella meno esposta al virus. Ci auguriamo che riprendano presto i patti di comunità, cioè la connessione tra scuola paritaria e a gestione statale. Entrambe fanno parte del sistema di scuola pubblica. Chiudere è la via più rapida ma inefficiente per i nostri figli”.
(di Federica Mochi)