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Regeni, stop processo: motivazioni sentenza Cassazione

I giudici: "Il perseguimento delle condotte criminose, anche se efferate, devono passare attraverso il rispetto delle regole del giusto processo"

(Fotogramma)
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09 febbraio 2023 | 15.13
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''Il perseguimento delle condotte criminose, anche se efferate e ignominiose quali quelle oggetto di imputazione, devono passare, in uno Stato di diritto, attraverso il rispetto delle regole del giusto processo regolato dalla legge, che si svolga nel pieno ed effettivo contraddittorio tra le parti". Lo scrivono i giudici della prima sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 15 luglio è stato dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Roma contro lo stop del processo sul caso Regeni, deciso dal gup (e prima ancora dalla Corte di Assise di Roma), nei confronti dei quattro 007 egiziani imputati per l’omicidio del ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto nel 2016.

"Quanto precede consente dunque di escludere che nel caso di specie possa ipotizzarsi, e comunque ritenersi sussistente, la dedotta abnormità dell'ordinanza impugnata e dei provvedimenti che ne costituiscono il presupposto, che risultano pertanto insuscettibili di impugnazione" spiegano i supremi giudici.

Nelle motivazioni della sentenza si legge inoltre che ''la problematica che incide sulla cooperazione tra Stati e sulla ingiustificata mancanza di collaborazione dell'Autorità giudiziaria egiziana, che fa da sfondo alle censure svolte, è estranea all'esercizio dell'attività giudiziaria che si esplica applicando correttamente il diritto positivo sulla base di una interpretazione conforme a diritto e vincolante, quale è quella espressa dalla Corte di Cassazione italiana nella sua più alta formazione".

"Il superamento della rappresentata situazione, impeditiva della partecipazione degli imputati al processo, per il cui svolgimento sussiste la giurisdizione italiana, tenuta ad applicare senza strappi il tessuto normativo, garantista e rispettoso dei diritti di tutte le parti processuali secondo le coordinate interpretative consegnate, in tema di giudizio in assenza, dalle Sezioni Unite, appartiene alle competenti Autorità di governo - sottolineano i supremi giudici - anche alla luce degli obblighi di assistenza e cooperazione per le stesse discendenti dalle Convenzioni internazionali, e, tra queste più specificamente, da quella contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, conclusa a New York il 10 dicembre 1984, ratificata dall'Italia con legge del 3 novembre 1988, e dall'Egitto il 25 gennaio 1986".

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