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Quarta dose, Rasi: "A settembre solo con vaccino aggiornato"

Il professore ad Adnkronos Live: "Mascherina serve e va usata, decisione del governo opportuna"

Quarta dose, Rasi:
16 giugno 2022 | 12.19
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"A settembre un richiamo" anti-Covid "per tutti con il vaccino attuale non ha senso. Ci sono tanti fattori per un no a questa scelta: 17 milioni di italiani hanno contratto la malattia con una velocità incrementale di 10 milioni negli ultimi 6 mesi; una quarta dose di vaccino ad una persona normale non crea sostanzialmente una maggiore difesa dall'infezione e dalla malattia siamo sufficientemente protetti. Una quarta dose con un vaccino aggiornato diventa invece interessante". Lo sottolinea Guido Rasi, professore di Microbiologia dell’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico Consulcesi, ex consulente del Commissario all’emergenza Covid-19 il generale Francesco Figliuolo, ospite di Adnkronos Live.

Rasi avverte però: "Non aspettiamoci che questi vaccini 'rivisti' diano una protezione dal contagio tanto superiore a quella vista fino ad oggi, per alcuni - visto che ci sono ancora 70-80 morti al giorno - sarà però fondamentale farla. Direi dunque di programmare una quarta dose a settembre per categorie".

E alla domanda sulla proroga fino a settembre dell'obbligo della mascherina in alcuni luoghi, come ospedali, Rsa e mezzi di trasporto, il professore risponde: "La mascherina la guardo con odio ma serve. Va usata, abbiamo imparato come e sappiamo quando metterla. La marcia indietro del governo è stata assolutamente opportuna".

Quanto alle cure, Rasi osserva che "per qualcosa di sostanzialmente diverso e risolutivo" come terapie contro Covid-19 "dovremo aspettare ancora un po'. Arriveranno, ma non è imminente. Il bagaglio degli antivirali anti-Covid è abbastanza modesto, sono una aggiunta importante, ma quel poco che abbiamo non lo usiamo. E' il caso dell'antivirale in pillola Paxlovid: abbiamo 600mila dosi in frigo che scadranno a dicembre perché ne abbiamo comprato un numero che aveva una sua logica, ma non avevamo un piano per usarlo e soprattutto non abbiamo formato gli operatori".

"L'approccio standard per curare il Covid è cambiato ogni 2-3 mesi - aggiunge - e non si è stati capaci, una volta scoperto il miglior approccio, di comunicarlo e formare gli operatori. C'è stata una mancanza di processi standardizzati, un vulnus enorme. Significa avere un sistema di formazione capillare e in pillole, fatto bene e che chiede 8-10 minuti di aggiornamento con alla fine una certificazione". Secondo Rasi, però, "in Italia ci sono medici che sanno usare bene gli antivirali contro il Covid, trattare i pazienti. I centri di eccellenza si vedono subito, quello deve essere lo standard immediato per le cure".

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