"Il Sinodo sulla famiglia non deve essere imbrigliato sulla dottrina, l'azione misericordiosa deve agire concretamente, la prassi deve trovare ispirazione nella parabola del buon samaritano, che agisce senza porsi eccessive domande, come la Chiesa 'ospedale da campo' evocata da Papa Francesco che prima cura le ferite gravi e solo dopo si preoccupa di affrontare le altre questioni burocratiche". E' quanto afferma all'Adnkronos monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio sulla Famiglia, in vista dei lavori, che si apriranno il 5 ottobre, dell'assemblea straordinaria del Sinodo convocata dal Papa proprio per esaminare le questioni attinenti alla famiglia.
Fra i diversi temi, cresce l'attesa per la questione che dall'inizio ha conquistato il centro dell'attenzione mediatica e che sembra dividere profondamente la Chiesa in generale, il suo clero e i laici, ma anche gli ambienti più interni al Vaticano e alla Curia Romana, con cardinali di spicco schierati su fronti contrapposti o quanto meno non convergenti, della somministrazione dei sacramenti e in primo luogo dell'eucarestia ai cattolici divorziati e risposati. "Troppa enfasi", lamenta monsignor Paglia, ricordando che "il Sinodo tratterà molte importanti questioni legate alla famiglia, alla sua crisi e al suo ruolo nella società contemporanea".
Il vescovo osserva che "l'attenzione su questo tema mi appare per lo più artificiosa. C'è un certo 'prurito' - accusa - nel voler contrapporre posizioni che certamente sono diverse ma sicuramente non sono incompatibili e incomponibili. In ogni caso, non si tratta dell'aspetto più rilevante fra quelli che esaminerà il Sinodo e dunque si rischia di distorcerne i risultati e di squilibrarne il giudizio. Anche il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ieri ha definito nella sua prolusione 'fuorviante' ridurre i lavori solo a questo particolare aspetto. L'attenzione va messa più sulla società che sulla Chiesa, quando parliamo di atteggiamento verso la famiglia".
Ma proprio per questi motivi, perché non andare incontro a chi, come i divorziati risposati, di famiglie ne ha costruite nel tempo addirittura due, magari entrambe con figli? "Infatti, non bisogna affatto accanirsi, se vogliamo usare questo verbo - risponde monsignor Paglia - Serve un coinvolgimento dell'intera comunità verso queste situazioni, senza fare 'casistiche' come raccomanda Papa Francesco, anche perché ognuno ha la sua storia particolare, non assimilabile alle altre. Ripeto: ai feriti, tocca prestare soccorso e non prendergli le impronte digitali".