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Mafia, maxi blitz tra Palermo e New York

Duro colpo al mandamento mafioso di Passo di Rigano: 19 arresti tra cui il sindaco di Torretta. Le intercettazioni: "Vediamo cosa cambia con la morte di Riina". Così i boss si incontravano sul gommone

Mafia, maxi blitz tra Palermo e New York
17 luglio 2019 | 07.10
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Duro colpo al mandamento mafioso di Passo di Rigano a Palermo. All'alba, più di 200 uomini della Squadra Mobile di Palermo, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation (Fbi) di New York, hanno eseguito 19 provvedimenti restrittivi, disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo, nei confronti di altrettanti "esponenti e sodali del mandamento mafioso di Passo di Rigano".

I 19 dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso ed altro. Tra gli arrestati c'è anche il sindaco di Torretta (Palermo) Salvatore Gambino. L'uomo è ritenuto dagli investigatori ''a disposizione'' del clan mafioso. L'accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Il Prefetto di Palermo Antonella De Miro ha notificato nel pomeriggio di oggi, come apprende l'Adnkronos, il provvedimento di sospensione al sindaco di Torretta.

Le indagini dell'operazione, denominata 'New connection', hanno registrato il "forte legame instaurato tra Cosa Nostra palermitana e la criminalità organizzata statunitense, con particolare riferimento alla potente Gambino Crime Family di New York, nonché la forte capacità pervasiva, da parte della famiglia mafiosa di Passo di Rigano, sull'economia legale dell'omonimo quartiere, secondo una capillare divisione di ruoli e mansioni: dalla fornitura alimentare all´ingrosso alle classiche estorsioni, passando per la gestione dei giochi e delle scommesse on line".

A Passo di Rigano avevano ricostituito la loro roccaforte criminale importanti esponenti della famiglia Inzerillo, una storica cellula mafiosa palermitana, decimata negli anni 80 dalla seconda guerra di mafia. Agli esiti delle indagini, è risultato infatti che questi "scappati", rientrati in Italia nei primi anni duemila, avessero ricostituito le file della "famiglia", anche grazie al ritrovato equilibrio con la fazione criminale avversa. Nel corso dell'operazione si è altresì proceduto al sequestro preventivo tra beni mobili, immobili e quote societarie, riconducibili agli indagati, di un patrimonio quantificato nell'ordine di circa tre milioni di euro.

I PIZZINI - Dall'inchiesta è emerso che in un 'pizzino' inviato il 19 giugno del 2005 al boss Bernardo Provenzano, il boss Salvatore Lo Piccolo scriveva: "Siamo arrivati al punto che siamo quasi tutti rovinati, e i pentiti che ci hanno consumato girano indisturbati. Purtroppo ci troviamo in una situazione triste e non sappiamo come nasconderci''.

Dai 'pizzini' "veniva confermato che Lo Piccolo aveva più volte chiesto a Provenzano di intervenire con favore sulla vicenda (mancanza di persone da arruolare), tanto da scusarsene nella stessa missiva, dove oltre a sottolineare il lungo tempo trascorso dalla decisione della Commissione (''si tratta di un impegno e di una decisione di almeno 25 anni fa, da allora ad oggi molte persone non ci sono più''), citava le gravi difficoltà di organico in cui versava l'organizzazione (per queste ragioni Lo Piccolo chiedeva a Provenzano di acconsentire all'arruolamento degli Inzerillo nelle loro fila mafiose, considerato che erano giovani ''che non uscivano fuori dal seminato'', erano sotto l'assoluto controllo della famiglia di appartenenza e soprattutto Lo Piccolo stesso se ne assumeva tutte le responsabilità".

LE INTERCETTAZIONI - "E noialtri così siamo … mi piego ma non mi spezzo”. A parlare, senza sapere di essere intercettato, è Giuseppe Lo Cascio, coinvolto nell'operazione antimafia che ha portato in carcere 19 persone. Continuando a fornire dati sull’appartenenza a Cosa nostra, Lo Cascio "riferiva del controllo mafioso esercitato da uno zio sul territorio di Mondello e rivelava i dettagli di alcune lotte intestine nella famiglia mafiosa di San Lorenzo", come si legge nel provvedimento. “Mio cugino Giuseppe, abitava là, proprio a Tommaso Natale, a San Lorenzo? San Lorenzo!”, in cui erano evidenti le frizioni tra due fazioni: “poi, ma sempre due partite, si … ma sempre due squadre ci sono, zio!”, di cui una era un tempo capeggiata, a dire di Tommaso Inzerillo da Rosario Riccobono".

Per fare parte di Cosa nostra non bisogna avere parenti nelle Forze dell'Ordine, e neppure parenti di parenti. Ecco, una delle regole principali dei boss mafiosi, emersi ancora una volta da una intercettazione, "Abbiamo anche i requisiti, io neanche i parenti dei parenti ho sbirri, fino adesso, nella mia famiglia pure i parenti dei parenti, perché da noi erano, erano valori di primo … però da tutti sono valori", dice Giuseppe Lo Cascio.

Per gli inquirenti "inequivoca in tal senso risulta l’intercettazione sopra riportata e, sempre sulla medesima lunghezza d’onda risulta porsi l’espressione di seguito riportata utilizzata da Lo Cascio per ribadire l’esigenza che la famiglia di Passo di Rigano riaffermasse con forza la sua presenza nella cosa nostra palermitana: questa cosa inutile …inc… qua ci vuole uno di Passo di Rigano)".

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