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Libri: 'La versione di Pazienza', 'il Sismi e il complotto contro Marcinkus e Wojtyla'

27 gennaio 2022 | 18.05
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"Avevo da poco cominciato la mia nota esperienza come braccio destro del direttore del servizio militare italiano, Giuseppe Santovito. Il 24 novembre 1980 mi aveva affidato una nuova operazione, che divenne poi la ragione che mi spinse a lasciare definitivamente il Sismi. Mi aveva convocato alla fine del pomeriggio per dirmi che il giorno successivo mi sarei dovuto presentare alle 18.30 in Vaticano per incontrare il segretario di Stato, monsignor Agostino Casaroli, o il suo braccio destro, monsignor Pier Luigi Celata. La richiesta di monsignor Celata era chiara: bisognava fare in modo che il vescovo americano mollasse la presa sullo Ior. Spettava a me trovare il sistema. Ma in realtà ce n’era uno solo: reperire la documentazione in grado di dimostrare come le attività della banca vaticana e del suo capo non si addicessero alla missione della Chiesa cattolica. In poche parole, bisognava creare uno scandalo". Lo racconta Francesco Pazienza nel libro "La versione di Pazienza", da oggi in libreria per Chiarelettere (240 pagg., 16 euro), in cui ripercorre la sua vita ricostruendo alcuni dei più grandi misteri italiani.

"Era chiaro - spiega l'ex 007 - che si stava consumando un duro scontro di potere ad altissimo livello all’interno della Curia romana. Ed era chiaro che la motivazione di ordine morale, o moralistico, che monsignor Celata aveva addotto ('Bisogna far sì che lo Ior smetta di svolgere attività poco consone a quelle della Santa Madre Chiesa') non era quella vera. Doveva esserci qualcosa di ben più grave e preoccupante".

Ricostruendo la storia di Marcinkus, Pazienza, spiega come "alla morte di Paolo VI, molti osservatori delle questioni vaticane si erano lanciati nell’azzardata previsione di una rapida fine nella carriera di Marcinkus", ricordando come invece con l’ascesa al soglio pontificio di papa Giovanni Paolo II il numero uno dello Ior avesse "continuato a conservare la responsabilità della banca vaticana e a fare da guardia del corpo anche al nuovo pontefice", come già a Paolo VI. E dunque come l'attacco a Marcinkus fosse un indiretto attacco a Wojtyla. Dai documenti compromettenti trovati dall'ex 007, infatti, come scrive lui stesso nel libro, "emergevano inequivocabili i rapporti segreti e illeciti tra lo Ior e il Banco Ambrosiano. Nonché un dato sorprendente: il papa era inviso alla cerchia di coloro che avrebbero dovuto essere i suoi più stretti e fidati collaboratori".

La 'colpa' di Giovanni Paolo II, scrive Pazienza, "era di essere una specie di marziano, un vero e proprio alieno giunto dalla Polonia e completamente estraneo e avulso dalla cerchia di prelati italiani che costituiva il nucleo storico della Curia, abituato a gestire in maniera autonoma, e assoluta, la complicata ma quasi perfetta macchina vaticana. Di quel papa, dunque, non ci si poteva fidare, c’era il rischio che mettesse a repentaglio il potere consolidato costruito in tanti anni di lavoro, dentro e fuori le mura della Santa Sede".

Occorreva, sottolinea, "neutralizzare il nuovo papa, soprattutto isolandolo e impedendo che si circondasse di uno staff di persone di sua assoluta fiducia" e "il fatto che si fosse creato un asse privilegiato tra papa Giovanni Paolo II e Marcinkus, il quale teneva i cordoni della borsa e quindi aveva un potere grandissimo, infastidiva non poco i 'congiurati' e li aveva indotti a passare all’azione in modo brusco".

In pratica, dai documenti e da quanto confermato da fonti era emersa l'esistenza in Vaticano di "una specie di alleanza operativa tra lo Ior di Marcinkus e il sistema delle consociate estere del Banco Ambrosiano guidato da Roberto Calvi a sostegno delle iniziative del sindacato polacco Solidarność", spiega Pazienza, sottolineando: "Di sicuro non volevo partecipare a un complotto contro il papa. Men che meno contro quel papa. La mia fede anticomunista ferveva all’epoca come non mai. Così, con una mossa che, ne ero consapevole, avrebbe potuto avere delle conseguenze, decisi di passare dall’altra parte" e "Calvi mi sembrava un degno interlocutore per affrontare la vicenda dei documenti compromettenti su Marcinkus".

Alla fine, spiega poi l'ex 007, "i documenti compromettenti su monsignor Marcinkus furono fatti sparire e tutto restò 'in casa', naturalmente in cambio di un sostanzioso pagamento". E aggiunge: Devo ammettere che, in quell’occasione, dissi una bugia al mio ormai ex capo Santovito: gli riferii che nel corso delle mie ricerche del dossier in Svizzera, non avevo trovato assolutamente nulla. Se anche gli avessi detto la verità, la situazione non sarebbe cambiata poi molto, visto che in quel periodo al Sismi erano tutti impauriti e assorti nel cercare di tenere sotto controllo lo scandalo P2. Figurarsi se le angustie di monsignor Celata avrebbero potuto assorbire una sia pur minima quantità del tempo di Santovito".

Quando poi, in un incontro successivo, Marcinkus chiese dei documenti, "'Dead matter. It’s all over' gli risposi. Bastava che sapesse che era una storia chiusa. Non volli prendermi la libertà di spiegargli che era stata pagata una somma di denaro per arrivare a quel risultato. Né aggiunsi che se avesse desiderato maggiori chiarimenti li avrebbe potuti richiedere direttamente a Calvi".

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