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Immigrati: gen. Tricarico, droni per distruggere barche vuote su spiagge libiche

L'ex Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, oggi presidente della Fondazione Icsa: "Gli Usa ci forniscano gli armamenti per i Predator, siamo i migliori d'Europa. Operazioni congiunte con i libici per rispettare la sovranità nazionale"

Immigrati: gen. Tricarico, droni per distruggere barche vuote su spiagge libiche
20 aprile 2015 | 17.00
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Droni armati per distruggere le navi degli scafisti tirate in secco sulle spiagge libiche e ridurre così i flussi migratori verso l'Europa: una soluzione praticabile "senza alcuna difficoltà tecnico operativa e senza che una goccia di sangue venga versata, neanche quello dei criminali che gestiscono il traffico". La proposta arriva dal generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica e attuale presidente della Fondazione Icsa, centro studi che si occupa di Difesa, sicurezza e intelligence.

Prima che i trafficanti possano caricare le imbarcazioni di migranti e provocare nuove tragedie del mare, spiega Tricarico, "sarebbe sufficiente avviare una attività ininterrotta di ricognizione armata delle coste e distruggere i natanti prima che prendano il mare, quando sono ancora vuoti: un'operazione che sarebbe tra l'altro molto semplice da condurre (anche con armamento inerte, per contenere ulteriormente il rischio di danni collaterali), per chi con questi mezzi ha operato per anni in Iraq, Afghanistan, Libia ed anche sul territorio nazionale in contrasto alla criminalità organizzata".

Per armare i droni, però, è necessaria la collaborazione degli Stati Uniti: "Sono anni -sottolinea Tricarico- che gli Usa negano all'Aeronautica italiana i kit di armamento per i Predator, nonostante ci avviamo all'undicesimo anno di impiego in teatri operativi. Forse, al di là delle belle parole di cui ci gratificano sempre i nostri amici di oltre oceano, nei fatti siamo un alleato poco affidabile? Per gli inglesi invece il problema non si è posto, il loro grilletto è stato armato senza tante storie".

"Se è genuina -continua Tricarico- l'affermazione statunitense, sentita più volte, di un ruolo guida dell'Italia per la Libia, perché lasciare 'carica a salve' una delle sue principali armi utilizzabili in quel teatro? Anche i meno esperti hanno consapevolezza della irrinunciabilità degli Uav (Unmanned aerial vehicle), in un ipotetico e sempre meno inverosimile scenario libico: ciò nonostante, però, si recidono gli artigli al nostro Paese che, in questa materia, vanta la professionalità più affidabile e capace di tutta Europa, comparabile solo a quella di Stati Uniti ed Israele".

"Sarebbe interessante sapere -continua il presidente della Fondazione Icsa- se una richiesta di armare i droni sia stata formalmente avanzata nell'incontro di Washington, da parte del nostro Paese, o se dopo aver atteso invano per anni, ci siamo lasciati sfuggire l'occasione di una interlocuzione al massimo livello, per presentare parte di un conto che ci vede, con gli Usa, sempre creditori".

"Sopratutto ora, tra l'altro, la richiesta andava fatta -prosegue- visto che, da mesi ormai, il governo non si lascia scappare occasione per evocare l'opzione militare quale 'piano b' ai negoziati Onu, in permanente stallo da più di un anno. Al 'rullare dei tamburi', però, non fa seguito una messa a punto dello strumento militare Predator in primis: per rendere i droni operativi come 'shooters', è necessario circa un anno, mentre manca perfino la copertura finanziaria per farli semplicemente continuare a volare".

Escluse le complicazioni tecniche, prosegue Tricarico, qualche perplessità potrebbe riguardare l'aspetto politico, "anche se non sarebbe niente di irrisolvibile con un buon negoziato: sarebbe troppo pretendere, quale dividendo per il contributo decisivo dato alla liberazione della Libia da Gheddafi, chiedendo di avviare su una piccola porzione del territorio libico una serrata lotta alla criminalità e forse anche al terrorismo radicale?".

Tra le soluzioni praticabili, spiega l'ex Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, anche quella di "offrire alla controparte libica, ora in seduta negoziale permanente a Rabat, di condurre le operazioni in maniera congiunta, in affiancamento ai nostri militari nella stanza dei bottoni, fugando così ogni ipotesi di violazione della sovranità territoriale".

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