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Gervaso, nel penultimo libro la confessione: "Ho sconfitto la depressione"

"Ho ucciso il cane nero" è uscito da Mondadori nel 2014

Fotogramma /Ipa
Fotogramma /Ipa
02 giugno 2020 | 19.26
LETTURA: 2 minuti

Il penultimo libro di Roberto Gervaso, "Ho ucciso il cane nero. Come ho sconfitto la depressione e riconquistato la vita" (Mondadori, 2014), è una testimonianza in prima persona. Nella sua vita lo scrittore e giornalista confessa di aver conosciuto tre grandi crisi depressive: a 23, 43 e 71 anni (rispettivamente nel 1960, 1980 e 2008).

"Quale maleficio s'insinua nella depressione? Chi decide che dobbiamo passare sotto le sue forche caudine, inermi e inerti, subendo e soffrendo? Perché la natura che ho sempre amato e onorato mi diventa ostile? Perché i libri, che sono la mia vita, perdono ogni interesse? Perché tengo alla larga gli amici e, quando mi sono vicini, è come se fossero assenti? Perché la mattina non mi alzerei mai? Perché invidio l'ultimo clochard che incontro per strada, alla stazione, sui gradini di una chiesa? Il 'cane nero', il 'male oscuro', è un'ossessione senza fine, che non ti dà tregua, non si placa mai - scrive Gervaso - Una lancia che ti si conficca nel costato, un coltello che ti scalca il cuore. Chi non conosce questo morso feroce ti esorta a farti coraggio".

"Ma come ti può comprendere chi non è mai entrato in questo antro infernale? Esasperato e disperato, t'illudi di trovare uno sfogo nel pianto. Versi, singhiozzando, tutte le lacrime che hai nel cuore, e vorresti morire. T'imbottisci di psicofarmaci, che ci vogliono, ma ben dosati: mai abusarne. L'effetto si fa sospirare e una mattina ti svegli con un'ansia che sfiora l'angoscia, ma che non è angoscia - continua Gervaso - Piano piano, impercettibilmente, le ante della tua finestra si dischiudono, ma non puoi ancora affacciarti. Solo uno spiraglio, che vagamente fa filtrare un pallido raggio di luce. È l'inizio della rinascita. Ma non illudetevi: ci vuole pazienza."

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