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Ebola, religioso dei Fatebenefratelli ucciso dal virus in Liberia

Patrick Nshamdze, direttore del nosocomio di Monrovia dove è morto, aveva 52 anni: l'ospedale è isolato, a rischio contagio tre confratelli che lo avevano assistito. Migliora, grazie a un vaccino sperimentale, Kent Brantley, il medico Usa contagiato dal virus il Liberia e ricoverato negli Usa all'Emory University Hospital di Atlanta (FOTO). Si aggrava l'epidemia in Africa occidentale

(Foto Infophoto) - INFOPHOTO
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04 agosto 2014 | 11.53
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Un'altra vittima di Ebola in Liberia. Il virus ha ucciso a Monrovia fra Patrick Nshamdze, religioso dei Fatebenefratelli e direttore del locale nosocomio. Aveva 52 anni e da 23 faceva parte dell'ordine ospedaliero San Giovanni Di Dio. Fra Patrick aveva studiato in Italia e aveva emesso la professione solenne nella chiesa dell'Isola Tiberina di Roma: "Abbiamo lavorato per sei anni insieme a Roma - commenta in una nota fra Marco Fabello, direttore dell'Irccs San Giovanni di Dio di Brescia - e conservo il ricordo di un uomo generoso". "Non mi sorprende che non si sia tirato indietro in questo momento di emergenza - aggiunge - anche se mi addolora averlo perso. Ha voluto star vicino ai malati fino all'ultimo, in una fraternità di spirito e di vita che è il cuore della nostra vocazione".

"Una situazione davvero problematica. Dopo la morte di fra Patrick Nshamdze l'ospedale di Monrovia è isolato, e tre confratelli che lo avevano assistito quando ancora non c'era certezza della diagnosi sono andati oggi a fare il test. Si tratta di due spagnoli e di un frate del Ghana, che non hanno sintomi ma sono comprensibilmente molto spaventati". A riferirlo all'Adnkronos Salute è fra Pascal Ahodegnon, chirurgo ortopedico del Consiglio generale dell'Ordine dei Fatebenefratelli, che conosceva da anni Nshamdze. "Una paura - prosegue - legata anche al fatto che la malattia di fra Patrick non è stata diagnosticata subito: il primo test, fatto in ospedale, è risultato negativo. Le condizioni di Patrick però sono peggiorate, e lo abbiamo trasferito in Ghana. Qui hanno ripetuto il test, che è risultato positivo. Purtroppo non si è salvato, e considerato che l'incubazione è di 21 giorni, i religiosi che lo hanno assistito quando non si sapeva che fosse un caso di Ebola ora hanno paura".

"Patrick era originario del Camerun - ricorda fra Pascal - ha studiato a Roma ed era direttore generale da 2 anni dell'ospedale di Monrovia. In questa struttura lui però non era chiuso nella sua stanza alle prese con l'amministrazione: se gli operatori avevano bisogno, andava nei reparti. Anche perché in Italia, dove aveva studiato, aveva fatto il corso da infermiere. E in questo modo deve aver contratto il virus".

A Monrovia "noi non assistevamo specificamente i malati di Ebola: per loro era stato realizzato un campo ad hoc poco fuori dalla città, dal governo. Ma se un paziente arrivava in pronto soccorso con sintomi 'vaghi', febbre e diarrea, certo non veniva mandato via. Ora, comunque, l'ospedale è isolato e si attendono gli operatori che disinfetteranno i reparti. I pazienti che sono già dentro restano ricoverati, ma il problema è che è operativo solo metà del personale: gli altri, quelli entrati in contatto con un malato, sono a casa in quarantena", racconta fra Pascal. I Fatebenefratelli hanno due strutture in Sierra Leone: "A Lunsar e a Lungi. L'ospedale di Lunsar è il più colpito, e qui si assistono tanti malati, con 9 confratelli impegnati giorno e notte e un reparto specializzato allestito per l'Ebola. Riceviamo tanti aiuti internazionali, ma in Sierra Leone possiamo dire che la situazione è quasi sotto controllo. Così non è in Libera. Preghiamo che la malattia non si diffonda in altri Paesi, perché sarebbe un duro colpo per l'Africa occidentale", conclude.

Intanto le condizioni di Kent Brantley, il medico americano contagiato dal virus Ebola in Liberia e da sabato arrivato in volo negli Usa per essere curato all'Emory University Hospital di Atlanta, stanno migliorando.

Secondo l'organizzazione per cui lavora in Africa, Samaritans' Purse - riporta il 'Los Angeles Times' - al medico quando era ancora in Liberia sarebbe stato somministrato un siero sperimentale anti-Ebola, che inizialmente il medico aveva ceduto a una collega. Brantley ha ricevuto anche una trasfusione di sangue da un ragazzo 14enne che lui stesso aveva curato prima di ammalarsi.

Ma con l'arrivo di Kent Brantley negli Stati Uniti è scoppiata la 'psicosi Ebola'. L'ospedale Emory ha ricevuto una serie di mail "poco gentili", contro il fatto che ai pazienti fosse stato permesso di tornare negli States. L'ospedale ha rivolto un appello agli americani a "mostrare compassione". I Centers for Disease Control and Prevention - anche loro con sede ad Atlanta - gettano acqua sul fuoco, e rassicurano l'opinione pubblica sottolineando che la presenza dei due medici in città non comporta il rischio dell'arrivo di Ebola sul suolo americano. Anche i Cdc sono stati oggetto di mail di protesta e hanno ricevuto un centinaio di chiamate sul ritorno in patria dei due operatori sanitari dall'Africa. "Spero che la nostra comprensibile paura dell'ignoto non prenda il posto della compassione quando operatori sanitari e umanitari malati dovranno tornare negli Usa", ha affermato sui media americani il direttore dei Cdc, Tom Frieden.

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