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Covid, l'allarme: "Reparti chirurgia di nuovo chiusi, 2 anni passati invano"

Scatizzi (Acoi): "In Veneto, Friuli, Trentino e Piemonte situazioni gravissime"

(Fotogramma)
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05 gennaio 2022 | 17.39
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"Nelle Regioni italiane si stanno nuovamente chiudendo i reparti di chirurgia per riconvertirli in posti letto Covid, le sale operatorie sono decimate per destinare i chirurghi nei Pronto soccorso e nelle aree Covid, le liste d’attesa stanno nuovamente allungandosi: stiamo ritornando esattamente allo scenario delle altre ondate Covid, come se questi due anni fossero passati invano. E’ allucinante scaricare il peso di questa nuova ondata sul sistema sanitario facendo crescere la pressione sugli ospedali senza intervenire su nuove restrizioni". Lo denuncia Marco Scatizzi, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi).

"In questi ultimi giorni - continua Scatizzi - mi sto confrontando quotidianamente con i colleghi di tutte le Regioni italiane: nel Veneto, nel Friuli, nel Trentino, in Piemonte abbiamo situazioni gravissime dove l’attività chirurgica si è quasi completamente fermata. Parliamo di migliaia di pazienti che rischiano di non essere curati o dove non è possibile diagnosticare malattie tempo-dipendenti come i tumori".

Il presidente Acoi annuncia che "nelle prossime ore scriveremo al ministro Speranza, agli assessori regionali alla Sanità, alla direzione generale del ministero e di tutte le Regioni: vogliamo che la chirurgia ospedaliera funzioni al 100%, vogliamo salvare vite umane, vogliamo stare dalla parte dei nostri pazienti, vogliamo che tutto il Servizio sanitario nazionale funzioni in ogni parte d’Italia. Non vogliamo essere complici di chi, per negligenza o inadempienza, mette a rischio la vita dei pazienti e dei chirurghi stessi".

"Come se non bastasse, in questo scenario stiamo - sottolinea Scatizzi - vivendo un ulteriore paradosso: per loro lacune organizzative, alcune strutture sanitarie sfruttano la generosità e il senso di responsabilità dei chirurghi ospedalieri obbligandoli a turni massacranti. Un fenomeno che sta portando fortissimo stress e che, come molto probabilmente accaduto al nostro collega di Bari alcuni giorni fa, rischia di mettere a rischio la stessa vita dei nostri colleghi”.

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