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Charlie Hebdo va a ruba anche in Italia, copie esaurite da Roma a Palermo

Introvabile fin dalle prime ore del mattino il primo numero del giornale satirico francese dopo l'attentato alla redazione che ha provocato 12 vittime. Il direttore del 'Fatto quotidiano' Padellaro: "Le ristamperemo nei prossimi giorni"

Il cartello su un'edicola a Palermo (Adnkronos)
Il cartello su un'edicola a Palermo (Adnkronos)
14 gennaio 2015 | 10.28
LETTURA: 3 minuti

File non solo in Francia per acquistare il primo numero di Charlie Hebdo dopo l'attentato alla redazione che ha provocato 12 vittime. Da Roma a Palermo, le copie del giornale satirico francese abbinato al Fatto quotidiano sono andate esaurite in poche ore.

Come conferma all'Adnkronos Ettore Mannino, edicolante di via Principe di Villafranca, nel pieno centro di Palermo. "Di solito arriva una sola copia del Fatto - spiega - ma oggi ne sono arrivate venti e sono andate esaurite in pochi minuti. Molti i lettori che avevano prenotato una copia. E lo stesso accade anche nelle altre edicole. Ci siamo sentiti con diversi colleghi e abbiamo tutti lo stesso problema. Non ci sono più copie disponibili".

Mannino, all'ennesimo palermitano che ha chiesto una copia di Charlie Hebdo ha appeso un cartello con la scritta: "Charlie Hebdo ed edicolante... esauriti".

Antonio Padellaro, direttore del 'Fatto quotidiano', annuncia: "Tutte esaurite le 300.000 copie del giornale con Charlie Hebdo". E mostra la sua soddisfazione per "una prova di forza" del giornalismo anche italiano, sempre "sperando -dice ironicamente- che il califfo sia d'accordo".

"Ristampare? Sì -risponde, in una conversazione con l'Adkronos- ma non oggi, tra domani e dopodomani. Però -aggiunge- una riflessione nel mondo dell'editoria italiana andrebbe fatta: se non ci fossimo stati noi, i lettori italiani non avrebbero potuto leggere Charlie Hebdo. I numeri hanno mostrato che l'interesse del pubblico è stato enorme. Ed è sorprendente -sottolinea- che le altre testate non abbiano avuto la nostra stessa iniziativa. Non è una questione di fare i primi della classe, ma un'editoria che non riesce a fare le cose di base, adempiere alla propria 'mission', è un'editoria che dovrebbe riflettere. Personalmente -conclude- avrei preferito vendere meno copie ma essere in compagnia delle altre testate".

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