L'ordinanza è stata emessa dal Gip del Tribunale di Bari su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia
Sette persone sono state arrestate, con ordinanze cautelari sia in carcere che ai domiciliari, ad Andria, Barletta ed in altri comuni della Regione, su disposizione della Dda di Bari, poiché ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dall’aver commesso il fatto con metodo mafioso.
Secondo quanto si è appreso durante la conferenza stampa, il gruppo aveva progettato di rapire un imprenditore facoltoso del nord barese, precisamente di Barletta, a scopo di estorsione programmando l'azione per il 25 febbraio 2022 ma gli inquirenti li tenevano sotto osservazione e hanno fatto in modo in primo luogo di impedirlo mediante alcune perquisizioni a carico di alcuni dei presunti responsabili. Così la banda, pensando di non essere stata scoperta, avrebbe solo rinviato la data progettando il sequestro di persona per il 22 aprile. Ma anche in quel caso la Polizia di Stato di Bari e della Bat ha fatto in modo di proteggere sia l'imprenditore all'uscita dall'azienda, sia l'abitazione della moglie e della figlia dove, secondo quanto rilevato nelle indagini, i rapitori erano intenzionati a recarsi per appropriarsi con la forza di denaro e gioielli in cambio della successiva liberazione della vittima. Dopo settimane di preparazione, il progetto criminale stava per giungere a compimento.
Nel progetto criminale, anche quello di recarsi nell'abitazione dell'uomo, vestiti in modo distinto, di bloccare la moglie e di legarla alla sedia finché non si fossero impadroniti di denaro e gioielli conservati nella cassaforte. Avrebbero liberato l'imprenditore solo dopo aver ottenuto il bottino, trattenendolo nel frattempo al piano di sopra della stessa abitazione, anche lui legato con una corda e probabilmente imbavagliato con lo scotch.
All'inizio i poliziotti non conoscevano l'identità della vittima. Così furono effettuate alcune perquisizioni a carico di alcuni dei presunti componenti per cercare in ogni caso di bloccare l’azione. Ciò nonostante, la banda decise di proseguire nell'organizzazione del rapimento. Grazie alle indagini e alle intercettazioni la Polizia è riuscita a identificare l'imprenditore e a conoscere la data precisa del giorno dell'azione. Il 22 aprile in azienda c'era la polizia a proteggere la vittima mentre altri agenti erano in casa dove si trovavano moglie e figlia.
"Un dispositivo massiccio ma invisibile", come è stato definito dagli investigatori, mirato a proteggere le vittime ma anche ad acciuffare i responsabili. A un certo punto dall'azienda uscì la vettura dell'imprenditore ma a bordo c'era un dirigente della Polizia di Stato. In quel momento vennero fermate due persone all'esterno. Nella loro auto furono trovati lo scotch e una corda che, anche secondo quanto rilevato dalle intercettazioni, dovevano servire per il sequestro. Avrebbe dovuto trattarsi di un rapimento ‘lampo’ a scopo di estorsione. Le indagini successive hanno portato ai sette arresti di questa mattina. Si tratta di un fenomeno che secondo gli investigatori sarebbe diffuso nel nord barese. A ottobre del 2021 il figlio di un facoltoso imprenditore andriese era stato sequestrato e poi liberato. Un tentato rapimento è avvenuto anche a novembre del 2021.
Ad ognuno dei presunti componenti della banda era affidato un ruolo specifico e precise modalità di intervento: la cosiddetta 'bacchetta' monitorava l’abitazione e gli spostamenti dell’imprenditore, segnalando l’eventuale presenza delle forze dell’ordine; due degli indagati, a bordo di distinte auto, si erano posizionati nei pressi dell’azienda da dove sarebbe uscito l’imprenditore, con il compito di monitorarne gli sposamenti per comunicarli agli altri complici che lo avrebbero sequestrato, per poi recarsi nell’abitazione della vittima ed estorcere il prezzo per la sua liberazione. La pianificazione era stata portata avanti in ogni minimo dettaglio, al punto tale che le auto dei presunti responsabili del grave delitto, erano già posizionate nei pressi dell’azienda, in attesa che l’imprenditore ne uscisse per rincasare.Sfuggiva, naturalmente, agli autori del piano la presenza degli agenti della Polizia di Stato, appostati per monitorare le mosse degli indagati, interrompendone, al momento opportuno, l’azione ed impedendo di fatto il sequestro.
Una delle persone arrestate, all’epoca dei fatti, era detenuto agli arresti domiciliari nella propria abitazione di Andria. "Lo lego alla sedia e lo lascio sopra ...quanto vuole urlare urlasse.....”; “La devono acchiappare e la devono far stare zitta che là è dentro un condominio..."...."ci deve aprire e ci deve dire dove, perché la cassaforte dice che ha un codice". Queste alcune delle intercettazioni rilevate dalla Polizia di Stato durante la fase preparatoria. E stata contestata anche l’aggravante prevista dall’articolo 416 bis del codice penale, per aver commesso il fatto con metodo mafioso, in considerazione della caratura delinquenziale dei personaggi coinvolti, delle modalità esecutive delle condotte, tali da evocare la forza intimidatrice tipicamente mafiosa, del contesto ambientale di operatività, caratterizzato dal fenomeno dei cosiddetti ‘sequestri lampo’, che sarebbe diffuso nel territorio della provincia Barletta-Andria-Trani, secondo quanto hanno rivelato gli inquirenti.Infatti, la vicenda relativa al tentato sequestro sventato, era stata preceduta da un altro, analogo episodio, in questo caso consumato, avvenuto ad Andria negli ultimi mesi del 2021, ai danni del figlio di un noto e facoltoso imprenditore andriese che, per la liberazione del proprio congiunto, aveva ricevuto una richiesta di riscatto di centinaia di migliaia di euro.