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Ansia e depressione per 16 mln italiani con dolore cronico benigno

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25 giugno 2020 | 11.27
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In Italia il dolore cronico benigno - ovvero quel dolore che persiste oltre 3 mesi consecutivi e spesso diventa un compagno fin troppo fedele - è una malattia invalidante per il 25% della popolazione adulta, con picchi del 60% sopra i 65 anni. Una condizione cronica che compromette la qualità della vita e le relazioni personali di 16 milioni di italiani. Ma siamo in buona compagnia: un europeo su 5 vive con dolore cronico e questo causa quasi il 50% di tutte le assenze dal lavoro e il 60% dell'incapacità lavorativa permanente, secondo Sip 2019 (Societal Impact of Pain). I costi sanitari diretti e indiretti stimati per i disturbi cronici del dolore variano tra il 2% e il 3% del Pil in tutta l'Unione europea.

Si manifesta in pazienti complessi, in prevalenza donne e anziani costretti a fare i conti anche con depressione e ansia. Non a caso, uno dei servizi offerti dai centri di terapia del dolore è il sostegno psicologico. E Covid-19? Una fonte di stress per i pazienti che questi mesi, con gli ambulatori chiusi per il lockdown, hanno contattato gli specialisti alla ricerca di un po' di sollievo.

"Come tutte le malattie croniche - afferma Antonino Mazzone, specialista in Medicina interna, Ematologia e Immunologia dell'ospedale di Legnano (Milano) - le patologie reumatiche hanno un forte impatto non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico. I pazienti devono fare i conti con un dolore costante, e questo porta in molti casi ad ansia e depressione. Le competenze auspicate a riguardo, non solo cliniche ma anche psicologiche, dovrebbero così enfatizzare l'aspetto umano della cura e del prendersi cura, rispondendo ad un reale bisogno del paziente, da adattare a plurimi contesti: ospedale, territorio, domicilio".

"Bisogna considerare che ogni forma di dolore risente molto della dimensione psicologica. Stress e dolore sono intimamente interconnessi - conferma Stefano Coaccioli, presidente dell'Associazione italiana per lo studio del dolore (Aisd) - e per questo motivo vanno affrontati insieme. Non solo sul piano psicologico, ma anche per meccanismi biochimici e ormonali".

L'attenzione all'aspetto psicologico è parte della cura. "Spesso - spiega Mazzone - il beneficio indotto dai farmaci tende ad essere nullo o, nei migliori dei casi, a ridursi e scomparire nel tempo se non viene associato un adeguato programma di sostegno psicologico e psico-comportamentale da proseguirsi con volontà e costanza. L'associazione di una terapia cognitivo-comportamentale con le cure farmacologiche classiche determina non solo una significativa riduzione del dolore, ma anche un aumento significativo della qualità di vita rispetto al solo impiego di farmaci antidepressivi in pazienti con sindrome dolorosa cronica. La cura dell'aspetto psicologico è di primaria importanza nella gestione dello stato doloroso. Trascurarla significa vanificare gran parte degli sforzi terapeutici".

"Il dolore coinvolge l'intera persona - evidenzia Coaccioli - con ripercussioni non solo sulla salute, ma anche sulla vita di relazione, lavorativa e sociale. Per questi motivi, l'intervento psicologico diventa fondamentale per aiutare il paziente ad accettare la propria condizione e a gestire i rapporti con gli altri".

Ma quando e a chi rivolgersi per un percorso psicoterapeutico? "Quando terapista del dolore e paziente decidono di richiedere un sostegno esterno - raccomanda il presidente dell'Aisd - è consigliabile che si rivolgano ad uno specialista psicologo che dovrà sempre agire di concerto con il terapista del dolore".

"Oggi - aggiunge Mazzone - esistono attività di sostegno basati sulle terapie cognitivo-comportamentali sia singole che in gruppo. Da questo punto di vista le associazioni dei malati reumatici sono attive promotrici di questo tipo di attività di supporto. Nel nostro reparto il Gruppo italiano per la lotta alla sclerodermia (Gils) sostiene e finanzia un progetto con una psicologa a disposizione dei malati di sclerodermia, una patologia immunoreumatologica rara che colpisce le giovani donne, con gravi implicazioni psicologiche, come ad esempio la possibilità di avere una gravidanza".

Secondo l'indagine Pain in Europe sul dolore cronico (46.000 intervistati), il 35% dei pazienti riferisce di provare dolore sempre, e un quinto ammette di convivere con la sofferenza per oltre 20 anni.In media una persona nell'arco della sua vita è afflitta da questa condizione per 7,7 anni. Un calvario che è anche la causa di conflitti e rotture all'interno dei nuclei familiari, molto più di quanto si pensi. Fondamentale, quindi, un'alleanza tra il medico e la famiglia del paziente.

"E' importante - sottolinea Mazzone - una gestione condivisa tra medico di medicina generale, specialista e associazione dei malati. Non a caso, la valutazione dell'engagement di tutti gli attori coinvolti nel percorso assistenziale (persone con malattia cronica, caregiver e professionisti sanitari e dell'ambito sociale) è un fattore cruciale per aumentare l'efficacia e l'efficienza degli interventi clinico-assistenziali. Il Patient Health Engagement Model è un modello riconosciuto a livello internazionale che ci fa misurare quanto il paziente affetto, ad esempio, da artrite reumatoide o da un'altra patologia cronica riesce ad essere co-pilota della sua storia clinica. Più alto è il livello di engagement del paziente con malattia reumatica, tanto maggiori saranno l'aderenza terapeutica, la qualità di vita percepita e il benessere psicologico". "Il medico e la famiglia - non ha dubbi Coaccioli - devono riuscire a stringere un accordo di alleanza diagnostica e terapeutica. Il loro deve essere un lavoro di squadra per il bene del paziente".

Tra le patologie che causano dolore cronico benigno, ci sono le malattie reumatiche che affliggono 5 milioni di italiani, bambini compresi. Come si può intervenire dal punto di vista psicologico per la gestione del dolore in età pediatrica? "E' indispensabile - conclude Mazzone - che il bambino, adeguatamente supportato dal pediatra di base, afferisca il più rapidamente possibile ai centri di riferimento per la cura delle patologie reumatiche di cui è affetto. Perdere tempo prezioso può essere estremamente dannoso. I centri di riferimento prevedono un supporto psicologico sia per il bambino che per la famiglia".

Il dolore peggiore è la solitudine: per contrastare questo senso di abbandono che la concentrazione dell'informazione sul coronavirus ha generato tra le persone affette da dolore benigno e patologie reumatiche, Alfasigma, azienda leader con una forte specializzazione nelle aree di ortopedia e reumatologia, ha avviato l'iniziativa 'Alfasigma News&service: l'informazione verificata ai tempi del Coronavirus', che vuole trasmettere vicinanza ai pazienti e ai loro familiari con notizie utili e certificate. Alfasigma News&service tratterà, con l'aiuto di esperti, tutti quegli argomenti inerenti alle patologie reumatiche connessi a Covid-19 su cui si è riscontrata una carenza di comunicazione, mettendo il paziente nella condizione di poter essere protagonista attivo nel proprio percorso di cura e di poter migliorare la propria aderenza terapeutica.

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