"Ci convivo da sempre con la paura della vendetta, io me la aspetto prima o poi. Anche perché sono stato abbandonato dallo Stato dal quale non mi sarei mai aspettato un trattamento simile. Una grandissima delusione". Parla Maurizio Abbatino, uno dei capi della Banda della Magliana, poi diventato pentito, noto al grande pubblico come "il Freddo" delle celebre serie tv. In questa intervista all'Adnkronos Abbatino prende spunto dall'agguato di Pesaro al fratello di un pentito di 'ndrangheta, "io che un fratello, Roberto, ce lo avevo e me lo hanno ammazzato a coltellate dopo averlo torturato perché volevano sapere dove mi nascondevo".
Abbatino non ha parole per quel che è accaduto nelle Marche, "dove un tempo, tanti anni fa, anche io vivevo sotto falso nome perché lo Stato, un tempo, mi difendeva". Quanti anni vissuti nell'ombra ma oggi Abbatino non ha più scorta e protezione. "Sono un bersaglio che cammina. Mi hanno tolto dal programma pentiti proprio quando è iniziato il processo di Mafia Capitale, poi, grazie a un articolo del Fatto Quotidiano che raccontava l'assurdità di un simile provvedimento, lo hanno sospeso dicendo che si erano sbagliati. Dopodiché, passato un po' di tempo, mi hanno tolto tutto. Prima la casa, poi il sussidio e come se non bastasse, a causa della legge Fornero, per la quale chi è stato condannato non ha diritto a pensione sociale, mi hanno anche levato il minimo contributo di 250 euro che mi permetteva di sopravvivere".
Il pentito della Magliana dice di averle provate tutte, "ricorsi su ricorsi, denunce, non c'è stato niente da fare. Sono gravemente malato, ho 64 anni, come trovo un lavoro? Ho dovuto combattere anche per farmi lasciare il mio nome di copertura, che non costa nulla, e pure qui ho fatto ricorso e sto aspettando. Come potrei vivere se mi presentassi in giro con la mia vera identità?". E ancora.
"Chi può dire che non corro più rischi, non sa di cosa parla visto che le vendette arrivano anche dopo 20 anni", rimarca Abbatino. "Tanti miei detrattori, che si sono fatti anni e anni di galera grazie a quel che ho raccontato ai giudici, oggi sono liberi. Non voglio dire che, tornando indietro, eviterei di collaborare con lo Stato. Però questo Stato si dimentica di chi ha fatto un percorso di giustizia mettendo in pericolo la sua vita e quella dei suoi cari. Non sono più il delinquente della Magliana, sono cambiato, ho diritto a vivere una vita dignitosa senza paura di guardarmi ogni minuto le spalle".