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Rio 2016, tutti pazzi per la baby rifugiata Yusra: "Ora tutti mi chiedono selfie"

(Xinhua)
(Xinhua)
09 agosto 2016 | 21.59
LETTURA: 3 minuti

Domani tornerà in vasca per la sua seconda e ultima gara alle Olimpiadi di Rio. Poi, a Giochi finiti, magari avvicinerà il suo mito Michael Phelps per chiedergli un selfie. E non è detto che non succeda il contrario, visto che la sua popolarità negli ultimi giorni è schizzata alle stelle. La baby rifugiata siriana Yusra Mardini si gode ogni momento della sua favola olimpica.

"Si leggono un sacco di storie su di me e in tanti mi fermano per fare una foto. Ho appena parlato con mia madre, mi ha detto: 'figlia mia, stai diventando famosa. Sei ovunque, ti ricorderai di me?' I miei amici sono orgogliosi di me, tutti mi mandano messaggi e mi taggano, non riesco nemmeno a seguire tutto", racconta la 18enne nata a Damasco, stella del team dei Rifugiati lanciato per la prima volta dal Cio ai Giochi brasiliani e accolto con una standing ovation dal pubblico del Maracanà alla cerimonia di apertura.

La sua storia, del resto, è fuori dal comune. Scappata dalla guerra siriana, ha messo in salvo la sua vita e quella di altre venti persone, spingendo a nuoto il barcone sul quale viaggiavano fino a Lesbo insieme a sua sorella Sarah, nuotatrice anche lei. "Ora tutti vogliono un selfie con me e questo è molto bello, perché ci aiuta a mandare il nostro messaggio al mondo e a mostrare a tutti che i rifugiati possono fare qualcosa", racconta alla vigilia della sua ultima gara a Rio nei 100 stile libero.

I Giochi erano il suo sogno fin da bambina: "Non mi sono mai persa un'Olimpiade e quando ero piccola urlavo davanti alla tv il nome di Michael Phelps. Ma -aggiunge- non sarò mai grande e famosa come lui. E non ho intenzione di disturbare gli atleti famosi per chiedere loro un selfie. Anzi, forse un po' lo farò ma solo alla fine".

La sua Olimpiade è comunque indimenticabile: "Tutti facevano il tifo per noi alla cerimonia di apertura, ero così orgogliosa e felice. Io non so ballare la samba, ma forse imparerò -è il suo modo di ringraziare il Brasile per l'accoglienza-. Quegli applausi mi hanno molto motivata. Siamo usciti subito prima della squadra brasiliana e Bach (il presidente del Cio, ndr) ci ha dato un caloroso benvenuto. Alla partenza della mia prima gara dei 100 farfalla tremavo, togliendo la tuta ero molto nervosa. Ma è stato bello (vincere la batteria, ndr), anche se non sono riuscita a migliorare il mio personale".

Oggi, Yusra vive con la sua famiglia in Germania: "Non sto pensando se in futuro gareggerò per la Siria o per la Germania, sono entrambe la mia casa e adesso lo è anche il Cio. In pratica ho tre case". L'appuntamento con le Olimpiadi, è solo rimandato: "A Toyko 2020 i rifugiati devono vincere una medaglia. Io ce la metterò tutta".

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