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Sostenibilità: dagli esfolianti ai solari, sostanze poco 'eco' nei cosmetici

Creatore del Biodizionario, il chimico Fabrizio Zago passa in rassegna con l'Adnkronos gli ingredienti contenuti nei prodotti di uso quotidiano: "Il mio cosmetico ideale è realizzato secondo il 'principio di precauzione': se una sostanza, per qualsiasi motivo, è sospetta, non la uso"

(Infophoto)
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13 marzo 2015 | 15.20
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"Il mio cosmetico ideale è realizzato secondo il 'principio di precauzione': se una sostanza, per qualsiasi motivo, è sospetta, non la uso". Fabrizio Zago, chimico industriale, consulente Ecolabel e creatore del Biodizionario, passa in rassegna con l'Adnkronos i prodotti cosmetici di uso quotidiano, e le sostanze in essi contenute, ritenuti secondo alcuni studi dannosi per l'ambiente o la salute umana.

Nel mirino degli ambientalisti ci sono le microparticelle in plastica contenute in alcuni esfolianti per il viso, dentifrici e altri prodotti per l'igiene personale e considerate pericolose per l'ambiente, in particolare per l'inquinamento dei corsi d'acqua. Tanto che alcuni Stati americani ne stanno valutando la messa al bando. "E' vero che negli Usa si è prevista la loro messa al bando ma sono molto usati in Europa", conferma Zago. "Il motivo è semplice - continua - si tratta di microparticelle di plastica, quindi di un materiale non biodegradabile che permane nell'ambiente per moltissimo tempo".

Non solo. Gli "organismi acquatici, ad esempio i pesci, li ingeriscono" ma "soprattutto si possono fissare sulle branchie provocando una diminuzione della capacità respiratoria fino al soffocamento". L'alternativa? "Il principio da cui parto io è che se una sostanza non eco-compatibile può essere sostituita da una che lo è, si deve assolutamente adottare quest'ultima. Di microgranuli vegetali e che funzionano benissimo in un esfoliante, ce ne sono a decine, i noccioli di frutta macinati sono un esempio classico e perfettamente coerente", suggerisce l'esperto, creatore del Biodizionario, 'Guida al consumo consapevole dei cosmetici' che cataloga le sostanze contenute in questi prodotti.

"Sodium Laureth Sulfate ingiustamente demonizzato"

Zago fa chiarezza anche su altro composto molto usato nei cosmetici: lo Sles, acronimo per Sodium Laureth Sulfate. "E' un tensioattivo, sostanza lavante, dal costo molto basso, che rappresenta la 'base' per moltissimi cosmetici da risciacquo: shampoo, bagno schiuma, gel doccia, sapone mani, ecc... Questa sostanza è stata, secondo me ingiustamente, demonizzata e accusata di provocare malattie gravissime. Il problema, se è un problema, si cela sotto la desinenza 'th'. Quando c'è il 'th' vuol dire che all'alcol grasso, in questo caso l'alcol laurilico, da cocco, è stato aggiunto dell'ossido di etilene. Questa sostanza è di esclusiva derivazione petrolifera e il consumo di fonti fossili è un problema di per sé", rimarca l'esperto.

"Purtroppo c'è dell'altro: durante la sintesi due molecole di ossido di etilene invece che attaccarsi all'alcol laurilico si uniscono tra loro formando del 'Diossano'. Sostanza brutta e pericolosa", spiega. Ma "le quantità in gioco sono talmente basse che mi sento di affermare che nessuno è mai morto e nessuno mai morirà a causa dello Sles", rassicura.

Capitolo creme solari. Anche alcune sostanze contenute in questi prodotti, utilizzati soprattutto in estate, sono considerate pericolose per l'ambiente. "L'Università di Ancona ha fatto degli studi interessantissimi che dimostrano l'avvelenamento della barriera corallina a causa dei filtri solari. Tra le sostanze maggiormente pericolose per i coralli ci sono: ethylhexyl methoxycinnamate, benzophenone-3, 4-methylbenzylidene camphor e parabeni", spiega Zago.

Dalle creme solari danni ai coralli

Quali gli effetti sulla nostra salute? Sembra che "uno dei meccanismi d'azione che determina la morte dei coralli" sia "un'azione estrogena". Quindi, è il ragionamento, "se queste sostanze rappresentano dei 'perturbatori endocrini' per i coralli non c'è motivo che non lo siano per gli umani". "C'è un enorme interesse, nel mondo scientifico, per questo tema e le liste di 'potenziali' perturbatori endocrini sono disponibili da molti anni ma non si è mai riusciti a fare il passo successivo e cioè decidere che se una sostanza rappresenta un potenziale pericolo è obbligatorio impedirne l'utilizzo", rimarca l'esperto.

Saponi liquidi, dentifrici, make up. Sono numerosi i prodotti che contengono il triclosan, ingrediente molto discusso e al centro di numerosi studi. Secondo l'Alliance for the Prudent Use of Antibiotics della Tufts University, questa sostanza è stata trovata in fiumi, torrenti e fanghi di depurazione. "Il triclosan, nome chimico 5-Chloro-2-(2/4-dichlorophenoxy)phenol, è un potentissimo battericida. Il suo impiego garantisce un'azione disinfettante efficace - spiega Zago - Ma è anche sottoposto a numerose critiche perché incluso nelle liste dei potenziali disturbatori endocrini. Molti studi scientifici vanno oltre. L'università di Grenoble ha recentemente eseguito uno studio su bambini nati da madri che facevano uso di prodotti a base di triclosan e altre che non lo usavano. I bimbi delle primi madri mostravano una circonferenza cranica minore rispetto ai bambini nati dalle seconde".

"Attenzione all'effetto accumulo"

Per Abc Cosmetici, il sito promosso dall'Associazione nazionale delle imprese cosmetiche, "nonostante alcuni studi abbiano messo in discussione la sua sicurezza, il Comitato Scientifico della Commissione europea (Sccs) in più occasioni si è espresso concludendo che non esistono evidenze che il triclosan possa arrecare alcun rischio per gli uomini nelle attuali condizioni di utilizzo cosmetico".

Secondo Zago, però, un aspetto "che dà da pensare è la diffusione di questa sostanza in una innumerevole quantità di prodotti cosmetici: se uso un solo prodotto a base di triclosan forse non succede nulla ma se uso quotidianamente una serie di prodotti che lo contengono, l'effetto accumulo è evidente".

Stick per le labbra a base di petrolati. Di cosa si tratta? "Il petrolato è, in linguaggio Inci - International Nomenclature Cosmetic Ingredient, definito come 'petrolatum' e non nasconde nulla della sua origine: è petrolio. Quando si distilla il petrolio si ottengono molte sostanze simili: olio di vasellina o paraffina liquida, petrolatum, mineral oil. Sono tutti distillati di petrolio e come il petrolio hanno lo stesso impatto, negativo, sull'ecosistema", spiega il chimico.

L'impatto sociale e ambientale dell'olio di palma

Si tratta di una sostanza molto utilizzata nei cosmetici perché "costa pochissimo, ve n'è una grande disponibilità sul mercato mondiale ed è facile da utilizzare". Abc cosmetici ricorda che "solo gli oli minerali del più alto grado di purezza sono usati nella produzione di prodotti cosmetici, così da garantirne l'assoluta sicurezza, e qualora questi siano destinati a entrare in contatto con le labbra (ad esempio burro cacao e rossetti) vengono formulati nel pieno rispetto dei valori di sicurezza per l'ingestione". "Ma veramente crediamo - si domanda Zago - che una sostanza tossica appena sotto il valore-soglia sia innocua e appena sopra deleteria?".

Le preoccupazioni relative all'olio di palma riguardano l'impatto ambientale e sociale delle coltivazioni. "L'olio di palma, sia da palma oleosa che da cocco, è una materia prima a bassissimo costo - spiega Zago - Per questo motivo viene utilizzata anche in concorrenza con i derivati del petrolio. Ma per produrre tanto cocco servono molti terreni dedicati ed è necessario cambiare le caratteristiche dei cocchi stessi, ad esempio creandone di più bassi per facilitare la raccolta. In Malesia e nei Paesi dell'area, intere isole sono state desertificate per poter piantare delle palme. Questo evidentemente ha un grosso impatto sulla biodiversità e perpetua anche lo sfruttamento di territori e di persone che erano abituati a una società completamente diversa".

"Norma non considera le pmi"

Per concludere è necessario ricordare che in Europa vige il Regolamento 1223/2009 che garantisce la sicurezza dei cosmetici, dal metodo di fabbricazione al controllo degli ingredienti. Secondo Zago, "è un ottimo strumento per regolamentare appunto in maniera uniforme la produzione europea di cosmetici". "Dal mio punto di vista noto solamente tre punti sbagliati o proprio assenti - osserva - è un regolamento fatto e pensato dalle grandi aziende e non considera le piccole e medie imprese. Alcune incombenze sono difficilmente affrontabili dalle Pmi e questo provoca, soprattutto nel nostro Paese basato sulle Pmi, alcuni problemi".

Non solo. "Con il regolamento è stata introdotta la necessità di creare un Pif - Product Information File per ogni cosmetico immesso sul mercato - spiega -. Un elemento fondamentale del Pif è il bilancio tossicologico che necessità di dati di Noael ('No Observed Adverse Effect Level', traducibile in 'Dose senza effetto avverso osservabile', ndr). Questi dati non sono sempre disponibili e cioè mette in difficoltà il professionista che deve redigere i Pif".

Ultimo punto: "manca qualsiasi riferimento alla biodegradabilità, all'impatto sugli organismi acquatici e in generale sul concetto ecologico di un cosmetico. Una recente proposta di legge (a firma del presidente della Commissione Ambiente Ermete Realacci ed elaborata in collaborazione con Skineco, ndr) potrà risolvere questa mancanza grave della norma europea e servire d'esempio e da stimolo per gli altri Paesi della Ue".

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