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Scarichi non depurati in mare: inquinato il 40% dei campioni

Scarichi non depurati in mare: inquinato il 40% dei campioni
11 agosto 2017 | 11.51
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Su 260 punti campionati lungo tutta la costa italiana, sono 105 (pari al 40%) i campioni di acqua analizzata risultati inquinati con cariche batteriche al di sopra dei limiti di legge. Colpa degli scarichi fognari non depurati. Ben 38 i 'malati cronici', cioè quei punti in cui le situazioni critiche erano già state denunciate più volte negli ultimi cinque anni e che si concentrano soprattutto nel Lazio (dove ce ne sono otto), in Calabria (sette), in Campania e Sicilia (cinque).

E' il bilancio finale, poco rassicurante, di Goletta di Verde 2017, la campagna di Legambiente che quest'anno ha interessato 7.412 km di coste. A fronte di questa situazione, e dopo i tanti appelli inascoltati lanciati ad amministrazioni ed enti competenti per verificare le cause dell’inquinamento, Legambiente ha presentato alle Capitanerie di Porto 11 esposti, uno per ogni regione in cui sono presenti i malati cronici di inquinamento, sulla base della legge sugli ecoreati che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale, tra cui il reato di inquinamento ambientale (art. 452bis cp).

La situazione migliore in Sardegna e Puglia.

Dei 105 campioni di acqua risultati con cariche batteriche elevate, ben 86 (ovvero l’82%) registrano un giudizio di fortemente inquinato. L’87% dei punti inquinati e fortemente inquinati sono stati prelevati alle foci di fiumi, torrenti, canali, fiumare, fossi o nei pressi di scarichi che si confermano i nemici numero uno del nostro mare. Mentre il 13% sono stati prelevati presso spiagge affollate di turisti.

La situazione migliore, anche quest’anno, è stata riscontrata in Sardegna, che si distingue con sole 5 situazioni critiche rilevate in corrispondenza di foci di fiumi, fossi e canali. Anche la Puglia registra un buon risultato, confermando la performance dello scorso anno. In alto Adriatico, complice anche la forte siccità che ha ridotto le portate di fiumi, fossi e canali che si riversano in mare, le situazioni migliori si riscontrano in Emilia Romagna e Veneto.

Critiche, per quanto riguarda la presenza di diversi scarichi non depurati che finiscono in mare, prevalentemente attraverso fiumi, fossi, canali e tubature, le situazioni registrate in Abruzzo, Sicilia, Campania e Lazio.

Si fa il bagno dove vietato perché manca la cartellonistica (obbligatoria).

Non va meglio sul fronte dell'informazione ai cittadini, sui divieti di balneazione e la cartellonistica informativa che dovrebbe essere presente nella spiagge balneabili, obbligatoria a carico dei Comuni costieri da anni.

Avvistati solo 16 cartelli informativi, presenti solo nel 9% dei punti, mentre dei 91 punti vietati alla balneazione dalle autorità competenti, solo 23 presentano un cartello di divieto di balneazione. Nel 10% dei casi dove i cartelli di divieto sono assenti, si è registrata un presenza media o alta di persone che ignare fanno il bagno.

Depuratori, conforme solo il 54%.

Nonostante siano passati 11 anni dalle scadenze previste dalla Direttiva europea sulla depurazione, 26 dalla sua approvazione, l’Italia è in fortissimo ritardo. Il portale “Urban Waste Water Treatment Directive site for Europe” riporta dati e statistiche disarmanti: al 2014 in Italia solo il 41% del carico generato subisce un trattamento conforme alla direttiva, rispetto ad una media europea del 69%: su 28 Paesi, l’Italia è al 23esimo posto.

Gli scarichi relativi a 577mila abitanti equivalenti inoltre non subiscono alcun trattamento depurativo. Se poi andiamo a vedere il dato relativo ai depuratori, degli impianti di trattamento risulta conforme poco più della metà a livello nazionale, ovvero il 54%.

Il costo della maladepurazione: una sanzione da 62,7 milioni di euro.

Sul nostro Paese pesano già due condanne e una terza procedura d’infrazione che coinvolgono 866 agglomerati, di cui il 60% in sole tre regioni: Sicilia, Calabria e Campania. A causa delle condanne e dei ritardi che si continuano a registrare ancora oggi, la sanzione è scattata dal 1 gennaio 2017 e dobbiamo pagare all’Europa 62,7 milioni di euro una tantum a cui si aggiungono 347mila euro per ogni giorno sino a che non saranno sanate le irregolarità.

La sanzione accompagna il secondo deferimento alla Corte di giustizia che è necessario per garantire il raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direttiva vista “l'estrema lentezza dei progressi compiuti e la ripetuta inosservanza dei termini preventivamente annunciati” come riporta la stessa Commissione in una nota dei mesi scorsi. A questi ritardi strutturali si aggiungono poi i tanti scarichi illegali che ancora oggi si riversano nei fiumi, fossi, canali e a volte direttamente in mare.

L’insufficiente depurazione e gli scarichi inquinanti, secondo i dati del rapporto Mare Monstrum di Legambiente, restano i reati più contestati e in crescita rispetto all'anno precedente, e da soli rappresentano il 31,7% (contro il 24,6% del 2015) delle infrazioni. I parametri indagati dalle analisi effettuate dai tecnici di Goletta Verde sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli); vengono considerati 'inquinati' i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e 'fortemente inquinati' quelli che superano di più del doppio tali valori.

Dei 260 punti di prelievo, infatti, 83 non sono campionati nei controlli sulla balneazione. La campagna estiva di Legambiente è realizzata grazie al sostegno del Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati (Conou) e dei partner Aquafil, Nau e Novamont.

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