Nella Penisola si continua a scavare troppo e con impatti devastanti sull’ambiente mentre la strada del riciclo, malgrado la spinta delle Direttive europee, è ancora molto indietro. Non solo: i canoni di concessione risultano "irrisori" a fronte di ricavi per 3 miliardi all'anno ed esportazioni in crescita. La denuncia arriva dal Rapporto Cave di Legambiente, che dal 2009 effettua un monitoraggio della situazione delle attività estrattive e scatta una fotografia sui numeri e gli impatti economici e ambientali, delle regole in vigore nelle diverse Regioni, individuando anche le opportunità che esistono puntando sull’economia circolare.
"La crisi del settore edilizio degli ultimi anni ha fatto registrare una riduzione del numero di cave attive (-20,6% rispetto al 2010), ma sono ben 4.752 le cave attive e 13.414 quelle dismesse nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. Se a queste aggiungessimo anche quelle delle Regioni che non hanno un monitoraggio (Friuli Venezia Giulia, Lazio e Calabria), il dato potrebbe salire ad oltre 14mila cave dismesse", spiega Legambiente.
Sono, poi, 53 milioni di metri cubi la sabbia e la ghiaia estratti ogni anno - secondo il dossier - materiali fondamentali nelle costruzioni, 22,1 milioni di metri cubi i quantitativi di calcare e oltre 5,8 milioni metri cubi di pietre ornamentali.
Quanto ai guadagni: 3 miliardi di euro l’anno il ricavato dai cavatori dalla vendita di inerti e pietre ornamentali a fronte di canoni di concessione "irrisori" (2,3% di media per gli inerti e Regioni in cui è gratis). E ancora: crescita record per il prelievo e le vendita di materiali lapidei di pregio, con esportazioni in aumento (2 miliardi di euro nel 2015), ma si riduce il lavoro in Italia nel settore.
Nel Rapporto, realizzato con il contributo di Fassa Bortolo, sono raccolte non solo storie da tutta Italia, che raccontano l’impatto sul paesaggio italiano, ma anche buone pratiche realizzate in Italia e esempi virtuosi.
"Per Legambiente occorre promuovere una profonda innovazione nel settore delle attività estrattive - dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente - dove non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei. La sfida per i materiali di pregio è di mantenere in Italia le lavorazioni dei materiali, dove il tasso di occupazione è più alto. Mentre per gli inerti l’obiettivo è di spingere la filiera del riciclo, che garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione, e che può garantire prospettive di crescita molto più importanti e arrivare a interessare l’intera filiera delle costruzioni. Ma per realizzare ciò servono delle scelte e delle politiche chiare da parte di governo e Regioni".
Dal Rapporto Cave emerge che la Lombardia è la prima Regione per quantità cavata di sabbia e ghiaia, con 19,5 milioni di metri cubi estratti. Seguono Puglia (con oltre 7 milioni di metri cubi), Piemonte (4,8 milioni), Veneto (4,1) ed Emilia Romagna con 4 milioni circa. Per quanto riguarda le pietre ornamentali, le maggiori aree di prelievo sono: Sicilia, Provincia Autonomia di Trento, Lazio e Toscana che insieme costituiscono il 53,4% del totale nazionale estratto. Le Regioni che invece cavano più calcare sono Molise, Lazio, Campania, Umbria, Toscana e Lombardia che superano singolarmente quota 1,5 milioni di metri cubi.
Nel dossier l’associazione ambientalista sottolinea anche "un grave problema: la mancanza di piani cava in Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Pr. Bolzano, Basilicata e Piemonte (dove sono previsti Piani Provinciali), mentre nella maggior parte delle Regioni sono inadeguati i vincoli di tutela e mancano obblighi di recupero contestuale delle aree".
Legambiente ricorda che l’ultimo intervento normativo dello Stato nel settore è il regio Decreto di Vittorio Emanuele III del 1927. Per l'associazione, le tre scelte per rilanciare il settore sono: rafforzare tutela del territorio e legalità attraverso una Legge quadro nazionale; stabilire un canone minimo nazionale per le concessioni di Cava per equilibrare i guadagni pubblici e privati e tutelare il paesaggio; ridurre il prelievo da cava attraverso il recupero degli inerti provenienti dall’edilizia.