Cibo sano, energia rinnovabile, acqua pulita e sostegno alla biodiversità. Sono tra i benefici di tipo sociale, economico e ambientale che possono derivare dal settore agroforestale, un metodo che unisce silvicoltura e agricoltura in campo aperto. Se n'è parlato oggi nel corso di un evento alla Fao su 'Cambiamenti climatici e settore agroforestale'.
Il settore agroforestale può, infatti, giocare un ruolo chiave nell'aiutare il mondo ad adottare un'agricoltura sostenibile e a contrastare il cambiamento climatico. "Un approccio che vede l'utilizzo efficiente della terra in combinazione con raccolti e allevamento è una componente essenziale della transizione verso il nuovo paradigma per un'agricoltura sostenibile. Serve un migliore coordinamento della gestione delle risorse agricole e non", ha affermato il direttore generale della Fao José Graziano da Silva in un messaggio letto dal vicedirettore generale Maria Helena Semedo.
L'approccio diversificato all'utilizzo della terra proposto dal settore agroforestale rappresenta un esempio ideale di come l'agricoltura possa contribuire allo sforzo globale per ridurre le emissioni di gas serra. "In agricoltura, adattamento e mitigazione del cambiamento climatico sono due facce della stessa medaglia. Dobbiamo esplorare più a fondo i mutui benefici che adattamento, mitigazione e sviluppo offrono", ha sottolineato Semedo.
La sostenibilità è una sfida continua e "il settore agroforestale è uno degli strumenti migliori che abbiamo", ha affermato Francesco Rutelli, Presidente del Centro Per un Futuro Sostenibile, fondazione che promuove iniziative politiche ed istituzionali su questioni legate ai cambiamenti climatici e all'ambiente. "Dobbiamo assolutamente lasciare che gli alberi ci salvino", ha affermato Rutelli sottolineando che foreste sane sono uno strumento potente nel mitigare il cambiamento climatico.
L'evento di alto livello, organizzato dalla Fao, dalla Rappresentanza d'Italia presso le Agenzie Onu in Roma e dal Centro per un Futuro Sostenibile, ha visto interventi di esperti su diversi temi: da modelli agricoli a zero emissioni al cosiddetto approccio paesaggistico per valutare e modificare i cicli del carbonio.
Da ricorda che mentre la maggior parte dei Paesi riconoscono che l'agricoltura è uno dei fattori che maggiormente contribuisce alle emissioni di gas serra, nel 2014 solo il 2% degli investimenti per far fronte ai cambiamenti climatici sono destinati al settore agricolo, ittico o forestale. "Una quantità sproporzionatamente bassa", ha sottolineato Graziano da Silva.