La Francia, prima al mondo, vieta le stoviglie monouso in plastica. Ci si arriverà attraverso un percorso graduale: in pratica dal 2020 potranno essere messi in commercio solo tazze, piatti e bicchieri usa e getta idonei al compostaggio domestico e contenenti almeno il 50% di materiali biobased (ottenuti da materie prime rinnovabili come amido di mais, fibre tessili di cellulosa o bambù...), quota che salirà al 60% dal 2025. La norma, del 30 agosto scorso, fa parte della 'Transizione energetica per la crescita verde', un quadro normativo con l'obiettivo di mitigare l'impatto del cambiamento climatico.
In un’ottica di riduzione degli sprechi e della produzione di materie plastiche può sembrare una rivoluzione possibile e auspicabile. Ma è praticabile una legge analoga in Italia? A quali condizioni e qual è la posta in gioco?
"La legge francese in qualche maniera copia un’iniziativa italiana - spiega all’Adnkronos il vicepresidente Kyoto Club Francesco Ferrante che da senatore avviò l’iter per la messa al bando dei sacchetti in polietilene - i primi che hanno iniziato a mettere dei divieti sulla plastica siamo stati noi quando nel 2006 approvammo in Parlamento una legge che dava tre anni di tempo per eliminare dal commercio i sacchetti di plastica che non fossero anche biodegradabili e compostabili. Quella fu una legge all’avanguardia che poi è entrata in vigore nel 2011 e che ha determinato anche un cambiamento nei comportamenti delle persone".
"Sono convinto che l’idea francese di estendere questo divieto anche alle stoviglie dando un congruo tempo alle industrie e al commercio per adeguarsi può diventare uno stimolo per cambiare comportamenti e utilizzare le stoviglie in plastica quando proprio è necessario e solo quelle che possono andare insieme all’organico nei rifiuti e diventare compostabili", afferma auspicando una legge analoga in Italia.
"Noi siamo stati avanguardia al mondo sugli shopper; la direttiva europea su quel fronte si è posta degli obiettivi che noi praticamente abbiamo già raggiunto perché farsi sorpassare dai francesi su questo argomento? Quella legge è stata utile per cambiare i comportamenti dei cittadini e per stimolare un pezzo del sistema industriale che ha investito nella green economy, nella chimica verde, nell’economia circolare. E’ un pezzo di industria in cui l’Italia vanta una leadership mondiale perché farcela scippare dai francesi?", insiste.
Anche per Armido Marana, ad di Ecozema, azienda vicentina che fabbrica prodotti per catering monouso biodegradabili e compostabili, "una legge simile in Italia è auspicabile e sull’onda di quanto sta suscitando in Francia abbastanza prevedibile, l’importante è che questa venga fatta in chiave strategica cioè in tempi medio-lunghi che permettano all’attuale filiera produttiva di attrezzarsi e investire senza recare danno alle strutture economico-finanziarie delle aziende stesse e oltretutto introdurre sul mercato in maniera corretta questo tipo di prodotti a sostituzione delle stoviglie in plastica".
Dunque gradualità e programmazione. Oltre agli evidenti vantaggi in termini di minor impatto ambientale occorre, però, chiarire anche i limiti della legge francese. "I limiti di questa normativa sono l’individuazione della sostituzione con stoviglie in bioplastica - spiega Marana all'Adnkronos - è senz’altro l’alternativa più valida, oggi c’è una valida produzione di stoviglie realizzate con questi materiali ma lo smaltimento che la norma francese prevede è attraverso il compostaggio domestico".
Ma "allo stato dell’arte oggi, come sono fatti i prodotti in bioplastica, è un obiettivo che difficilmente si può raggiungere. Perché per poter compostare e ridurre le stoviglie in bioplastica in compost bisogna raggiungere delle temperature e dei livelli di umidità che difficilmente si possono raggiungere in impianti domestici - spiega - La normativa stessa è stata messa in discussione dal Cen, Comitato europeo sul controllo delle norme, proprio perché mancano norme di riferimento precise che possano individuare le modalità con cui il compostaggio domestico possa avvenire".
Da parte sua Corepla, Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclaggio ed il Recupero degli Imballaggi in Plastica, ricorda che l’Italia si pone tra i Paesi più virtuosi a livello europeo nei tassi di riciclo.
"I francesi - dice all’Adnkronos il presidente Antonello Ciotti - in questo caso sono un po' indietro perché noi già ora riusciamo a differenziare queste stoviglie, abbiamo dei prodotti che vengono riformulati basandosi sul riciclato proveniente dalle stoviglie monouso. La Francia non ha questa struttura di riciclo all’interno del Paese, gli impianti francesi di selezione sono generalmente piccoli e non molto moderni per cui non riescono a separare numerosi prodotti come riusciamo noi. Quindi sono personalmente contrario a questo bando perché noi abbiamo già risolto il problema, li raccogliamo e li ricicliamo".
Al di là di tempi e modalità di applicazione, il percorso pare in ogni caso tracciato. "L’utilizzo di plastica derivante dal petrolio per ottenere dei prodotti il cui utilizzo si concretizzi in alcuni secondi e lo smaltimento duri decenni, addirittura secoli, con grave impatto sull’ambiente penso sia una strada che bisogna assolutamente interdire e non è più praticabile", conclude Marana.