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Ancora in gabbia più di una gallina su 6, occhio a prodotti a base di uova

Ancora in gabbia più di una gallina su 6, occhio a prodotti a base di uova
12 settembre 2016 | 17.25
LETTURA: 4 minuti

In Italia, oltre il 60% delle galline è ancora allevato in gabbia . Una produzione che per lo più (si stima circa l'80%) va a finire negli ovoprodotti, ossia in salse, biscotti, piatti pronti e tutti quei prodotti a base di o che contengono uova, per i quali non è prevista l’etichettatura secondo il metodo di allevamento. Un black out nella comunicazione che non consente al consumatore, sensibile a queste tematiche, di fare una scelta d'acquisto consapevole. Per questo Ciwf Italia che, da anni si batte contro gli allevamenti in gabbia, invita i cittadini ad acquistare prodotti che specificano, tra gli ingredienti, l’utilizzo di uova da allevamenti all’aperto, a terra o i prodotti biologici. (Foto)

La legislazione europea ha proibito le gabbie “convenzionali” a partire dal primo gennaio 2012. Questa normativa, tuttavia, consente ancora le gabbie cosiddette “arricchite”, che presentano alcuni miglioramenti rispetto alle “convenzionali”, ma “una gabbia resta sempre una gabbia”, sottolinea l'associazione, e, quindi, non è in grado di garantire il benessere delle galline.

Elisa Bianco, responsabile europeo per il settore alimentare di Ciwf, spiega che “sempre più aziende nel mondo stanno dimostrando un serio interessamento per il benessere di polli e galline negli allevamenti: negli Usa come in Canada, in Germania come in Olanda e in Francia, grandi aziende come McDonald’s e Walmart, stanno iniziando a migliorare in maniera sostanziale le condizioni di vita degli animali allevati”.

In Germania, ad esempio, sottolinea Elisa Bianco, “dal 2012 tutti i supermercati hanno smesso volontariamente di vendere uova da galline in gabbia e il governo tedesco si è impegnato a eliminare questo tipo di allevamento entro il 2028” e non solo: “molti grandi supermercati tedeschi (come Rewe, Real e Lidl, ndr) si stanno già impegnando a eliminare le uova da galline allevate in gabbia non solo dalla vendita di uova in guscio, ma anche dalle uova utilizzate come ingredienti in altri prodotti”.

In Italia, la prima grande azienda della ristorazione a impegnarsi a non utilizzare più uova da galline allevate in gabbia, né per le uova in guscio, né per l’ovoprodotto è Camst . Ad oggi Camst acquista ogni anno dai propri fornitori di uova, tutti operanti sul territorio nazionale, oltre 300.000 uova in guscio (pari al 25% sul totale di uova in guscio acquistate) e circa 200.000 kg di ovoprodotti (pari al 30% sul totale di ovoprodotto acquistato) provenienti da galline non allevate in gabbia (a terra, all’aperto e biologico).

L’impegno sottoscritto dall’azienda, grazie alla collaborazione con il Settore Alimentare di Ciwf, prevede di incrementare progressivamente l’acquisto di uova e ovoprodotti provenienti da galline non allevate in gabbia, con l’obiettivo di eliminare completamente, su scala nazionale, le uova e gli ovoprodotti provenienti da galline allevate in gabbia entro il 2025.

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