Un referendum per fermare i progetti petroliferi in mare, sbloccati dal Governo Monti nel 2012. È la proposta del coordinamento nazionale No triv, inviata a tutti i consiglieri regionali: se almeno cinque Regioni la delibereranno e depositeranno entro il prossimo 30 settembre, i cittadini potranno esprimersi sul referendum “In difesa dei mari italiani” a primavera 2016, senza il bisogno di raccogliere 500mila firme.
" Senza questo referendum, svolto in tempi brevi, i procedimenti per progetti petroliferi riavviati dall’art. 35 del Decreto sviluppo e tuttora in corso arriveranno a compimento rapidamente, anche grazie all’accelerazione impressa da alcune norme dello Sblocca Italia", ha spiegato il Coordinamento durante la conferenza stampa oggi a Roma.
"La questione adesso è politica - ha spiegato all'AdnKronos, Enzo Di Salvatore, tra i fondatori dei No triv - da martedì 15 settembre cominceranno i vari consigli regionali per decidere sulla delibera. Basilicata, Abruzzo, Marche, Veneto, Puglia, sono le regioni più interessate dai procedimenti di trivellazione, che si svolgono entro le 12 miglia dalla linea di costa, nel Mare Adriatico addirittura si arriva alle 5 miglia".
Il 2 settembre il coordinamento No triv, 181 associazioni aderenti tra cui Legambiente e oltre un centinaio di personalità della cultura e della politica hanno sottoscritto una lettera inviata alle Regioni per invitare i consigli a deliberare sul referendum abrogativo. "La grande partecipazione di persone ed entità esterne al coordinamento dimostra che non si tratta di una bizzarra richiesta di 'quattro comitatini' - ha commentato Di Salvatore - ma di una mobilitazione trasversale che tocca in profondità i mari e le regioni italiane".