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Lavoro: il coach, come nello sport sempre mettersi in discussione

L'intervento di Valerio Bianchini, coach del basket italiano e internazionale, discute, sul blog 'Crisi e sviluppo' di Manageritalia.

Valerio Bianchini
Valerio Bianchini
11 febbraio 2015 | 18.05
LETTURA: 2 minuti

"Per un giocatore è un obbligo prepararsi a un secondo lavoro. Di questi tempi anche per un allenatore. Ci vuole una grande flessibilità e un grande lavoro su se stessi per gli allenatori-capo perché devono imparare in una nuova attività a rendere conto del loro operato a un committente, recuperare il senso di servizio e l’umiltà necessaria per dimenticare la presunta intangibilità del coach in virtù della sua competenza, salvo poi essere licenziati se i risultati non arrivano. Un cambio di pelle davvero notevole". Così Valerio Bianchini, coach del basket italiano e internazionale, discute, sul blog 'Crisi e sviluppo' di Manageritalia, dei temi di lavoro e sport, che sono anche al centro dell'azione di Manageritalia e Cfmt, con l’Accademia Sport & Management, coordinata da Carlo Romanelli, su come allenare i manager, le alte professionalità e tutti i lavoratori a muoversi in un contesto sempre più sfidante.

Su come affrontare le sfide e prendersi i rischi professionali senza i quali si rischia di restare per sempre in panchina (non avere lavoro o averlo di bassa qualità), Bianchini dice: "Per quel che riguarda i giovani vale quello che Jorge Valdano, grande giocatore e poi dg del Real Madrid disse ai ragazzi della Cantera: 'Le porte della prima squadra non si aprono spingendole, ma sfondandole'. Per quel che riguarda i seniores mettere sempre in discussione la propria competenza, aggiungere sempre un addendo di esperienza alla quotidianità senza arrendersi alla routine".

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