I sindacati giudicano "inaccettabili" le proposte avanzate sia da Am Investco (Arcelor Mittal-Marcegaglia) sia da Acciai Italia (Jindal-Arvedi-Cdp-Del Vecchio) che complessivamente prevedono dai 5.000-6.000 esuberi almeno in una fase iniziale. A sottolinearlo sono Fim, Fiom e Uilm al termine dell'incontro al Mise durante il quale sono state illustrate le proposte delle due cordate per il rilancio dell'Ilva. Un prossimo incontro è stato fissato sempre al dicastero di via Molise giovedì prossimo alle 10.
"Sia la proposta che è stata scelta dai commissari, ossia quella di Arcelor Mittal-Marcegaglia, che l'altra proposta presentata da Acciai Italia prevedono una riduzione di occupazione inaccettabile. Si sta parlando di 5000-6000 risorse in meno", sottolinea il leader della Fiom Maurizio Landini al termine dell'incontro.
Una riunione che il segretario generale della Fiom giudica "deludente anche perché non abbiamo capito quali sono le ragioni alla base delle quali è stata scelta una proposta rispetto ad un altra. Abbiamo chiesto una comparazione delle proposte per capire le ragioni. Vedremo in occasione del prossimo incontro di giovedì", aggiunge Landini.
Nel corso dell'incontro Calenda ha ribadito che l'aggiudicazione della gara non era avvenuta ma che è giunta a completamento la fase di analisi delle due offerte con il parere dei commissari in favore di Am InvestCo.
La proposta avanza dalla cordata Am Investco (formata da Arcelor Mittal e Marcegaglia con l'eventuale partnership di Intesa Sp nel caso di un'aggiudicazione), che è stata scelta dai tre commissari Enrico Laghi, Piero Gnudi e Corrado Carrubba, prevede "4.800 esuberi, subito, dal 2018, mentre sono 6.400 gli esuberi nella proposta di AcciaItalia (Jindal-Arvedi-Cdp-Del Vecchio). Partiamo male. E' sicuramente un punto di partenza sbagliato", sottolinea il segretario generale della Fim - Cisl, Marco Bentivogli.
La proposta della cordata Am Investco, riferiscono i sindacati, prevede che la produzione, che oggi è a 5.7 mt, sia riportata entro il 2024 a 8 mt con il mantenimento del ciclo produttivo in atto sostenendo la produzione anche con l'utilizzo di semilavorati (bramme) a Genova e Taranto. La ripresa produttiva secondo il piano sarà sostenuta ripristinando l'area a caldo di Taranto, delle cokerie e dell'agglomerato e degli altiforni 1, 2, 4 fino al completamento del piano ambientale e la successiva riattivazione di Afo5. Secondo il Commissario Laghi, che ha illustrato la proposta, questo permetterebbe una crescita delle spedizioni da 5,6 mt odierne alle 9,5 al 2024.
Al Mise si sono incontrati con il ministro Carlo Calenda e il viceministro Teresa Bellanova, i tre commissari dell'Ilva - Enrico Laghi, Piero Gnudi e Corrado Carrubba - e i sindacati. Sul tavolo i piani delle cordate Am Investco (formata da Arcelor Mittal e Marcegaglia con l'eventuale partnership di Intesa Sp) e di AcciaItalia (Jindal-Arvedi-Cdp-Del Vecchio) per il rilancio del complesso industriale.
Per quanto riguarda i tre 'impegni richiesti' dai commissari, erano: mantenere l'offerta invariata in termini economici e quindi garantire gli investimenti già indicati; non modificare il piano, e quindi il perimetro dell'azienda, anche in presenza di eventuali prescrizioni dell'Antitrust Ue; prorogare al 31 marzo 2018 la validità delle offerte.