Think tank di Bruxelles, eliminare saldo strutturale di bilancio e focus su spesa pubblica
Le regole che l'Ue applica per valutare i conti pubblici non sono solo "stupide", come disse Romano Prodi nel 2002 sollevando un vespaio, ma sono anche di dubbia validità tecnica e finiscono per danneggiare le economie degli Stati membri, al di là delle intenzioni della Commissione Europea. La cosa migliore sarebbe cancellare in blocco le regole attuali; visto che difficilmente succederà, dovrebbero almeno essere riviste profondamente, gettando alle ortiche il saldo strutturale di bilancio. Gregory Claeys e Zsolt Darvas, due economisti del think tank europeo Bruegel, con sede a Bruxelles, lo hanno messo nero su bianco in un paper, "How to reform EU fiscal rules" ("Come riformare le regole per i bilanci dell'Ue").
Le politiche di austerità implementate in molti Paesi europei dal 2010 in poi, spiegano gli economisti di Bruegel, "hanno contribuito a indebolire la ripresa dell'economia. In teoria, le regole in vigore potrebbero fare un buon lavoro, ma in pratica incontrano enormi difficoltà. Un indicatore chiave usato nelle regole di bilancio è il saldo strutturale di bilancio, vale a dire il bilancio previsionale corretto per gli effetti del ciclo economico e per i pagamenti una tantum, come per esempio quelli per i salvataggi bancari".
Se il deficit strutturale è eccessivamente elevato, ricordano Claeys e Darvas, "allora i Paesi devono correggere i propri bilanci previsionali. Se non lo è, non sono costretti ad applicare misure di austerità fiscale. In teoria, quando una recessione colpisce, il disavanzo reale peggiora, a causa del gettito calante e dell'aumento dei sussidi di disoccupazione, ma il saldo strutturale non cambia per questi motivi, e quindi non fa scattare misure di austerità".
Il problema è che, nella pratica, "il saldo di bilancio strutturale è difficile da stimare". La stima si basa infatti "su valutazioni incerte del ciclo economico e dell'impatto di questo sui ricavi e le spese del governo. I cambiamenti stimati nel saldo strutturale vengono tipicamente rivisti di oltre mezzo punto di Pil, che è più degli aggiustamenti che le regole richiedono agli Stati. Non sorprende, quindi, che i ministri delle Finanze di otto Paesi dell'area euro (tra cui Pier Carlo Padoan, ndr) recentemente abbiano espresso dubbi sui metodi dell'Ue per stimare la posizione ciclica dell'economia e le sue implicazioni per l'analisi dei bilanci previsionali".
Anche le previsioni macroeconomiche, proseguono Claeys e Darvas, "sono una grande fonte di errori. Le attuali regole di bilancio si fondano sulle previsioni della Commissione Europea sulla crescita e sull'inflazione, che spesso si rivelano sbagliate. In anni recenti la Commissione ha ripetutamente previsto che l'economia sarebbe tornata a crescere e che l'inflazione sarebbe tornata velocemente verso il 2%, cose che poi non sono accadute. Di conseguenza, le raccomandazioni basate su queste previsioni, di fatto, hanno peggiorato la situazione dell'economia".
"Fare previsioni in modo accurato è indubbiamente un esercizio "molto complicato - concedono gli economisti - specialmente in tempi di incertezza come quelli attuali. Altri previsori, come il Fondo Monetario Internazionale, l'Ocse ed altre istituzioni, non hanno fatto meglio della Commissione. Sarebbe meglio avere regole di bilancio meno dipendenti dalle previsioni macroeconomiche. Un altro problema chiave delle regole di bilancio in vigore nell'Ue è la rete opaca delle clausole di flessibilità, che produce una contrattazione infinita tra gli Stati membri e la Commissione sull'implementazione delle regole, cosa che mina la fiducia nelle stesse".
Molti politici, "nei Paesi che non rispettano le regole, considerano le regole inappropriate e le ignorano apertamente. Altri politici, in Paesi che rispettano le regole, si preoccupano per il fatto che i loro partner non vengano costretti a rispettarle". Per i due economisti di Bruegel, dunque, "conservare l'attuale quadro di regole sarebbe altamente inefficiente. Serve un quadro regolatorio nuovo".
"La migliore opzione - proseguono Claeys e Darvas - sarebbe quella di cancellare l'attuale quadro. Un modo sarebbe quello di rimuovere completamente l'opzione del salvataggio europeo per i governi, ponendo le condizioni così per far lavorare la disciplina di mercato, consentendo un largo margine di autonomia nella gestione del bilancio agli Stati membri e creare strumenti europei anticiclici, come uno schema europeo di sussidi di disoccupazione".
Tuttavia, "questa opzione oggi appare irrealistica. Una seconda opzione è di cancellare tutte le regole connesse al saldo strutturale di bilancio. Proponiamo una nuova regola che limiti il tasso di crescita della spesa pubblica, escludendo certi capitoli di spesa come i sussidi di disoccupazione e grandi spese una tantum come i salvataggi bancari. Secondo la nostra regola, la crescita della spesa pubblica sarebbe limitata alla crescita potenziale del Pil del Paese, aggiungendovi il target di inflazione della banca centrale".
In tempi di crisi, continuano Claeys e Darvas, "ciò ridurrebbe l'incentivo per i governi a tagliare le spese. Anche se il gettito cala e la spesa per la disoccupazione aumenta, i governi potrebbero ancora supportare la crescita economica. In periodi favorevoli, la regola tempererebbe boom eccessivi, come quelli che si sono verificati in Spagna e Irlanda prima della crisi, poiché ai governi non sarebbe permesso spendere i ricavi fiscali extra generati dalle bolle".
I Paesi maggiormente indebitati, secondo la proposta dei due economisti, "dovrebbero avere una crescita della spesa più lenta rispetto a quella di Paesi con un debito basso, per supportare la sostenibilità del debito a lungo termine. Anche le clausole di flessibilità dovrebbero essere eliminate. Invece, la regola dovrebbe essere monitorata dai consigli nazionali di bilancio e da un nuovo consiglio fiscale europeo, indipendente, che dovrebbe essere costituito da un comitato esecutivo e dai presidenti dei consigli fiscali nazionali. Il Consiglio dovrebbe valutare se consentire ai Paesi di deviare dalle regole, in circostanze eccezionali".
Questo quadro regolatorio "sarebbe più semplice, più trasparente e più facile da monitorare rispetto al sistema attuale ed eviterebbe di basarsi su un indicatore imprevedibile. E l'enforcement delle regole non dovrebbe basarsi sulla minaccia di sanzioni, che è comunque poco credibile e che potrebbe avere conseguenze politiche negative, se le sanzioni venissero effettivamente applicate. In ultima analisi - concludono gli economisti di Bruegel - i Paesi non dovrebbero osservare le regole sui conti pubblici perché temono sanzioni, ma perché concordano tutti che le norme rappresentano la migliore guida affinché le loro politiche di bilancio siano sostenibili e utili in tempi di recessione".