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Governo va avanti sulle trivellazioni, ma la caduta del petrolio spaventa

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26 agosto 2015 | 17.41
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Sulle trivellazioni petrolifere, il Governo va avanti. Un progetto ambizioso, che vede le estrazioni di idrocarburi come un asset strategico fondamentale per la crescita del paese. Un modo per aumentare "l'occupazione e le entrate fiscali" e conciliare "sviluppo ed ambiente", commenta all'Adnkronos Pietro Cavanna, presidente di Assomineraria settore Idrocarburi e Geotermia. Ma se le numerose opposizioni non sembrano far paura, è il crollo del prezzo del petrolio, che questo lunedì è sceso sotto i 39 dollari a barile, a gettare ombre sui progetti di estrazione di idrocarburi.

Ma l'obiettivo del Governo sembra troppo importante per poter essere messo in discussione: raddoppiare entro il 2020 la produzione nazionale di idrocarburi fino a 24 milioni all’anno di barili equivalenti, con un conseguente risparmio annuo di circa 14 miliardi sugli acquisti energetici dall'estero. Ma non solo: sul piatto - secondo il Mise - ci sono circa 17 miliardi di euro in investimenti in 4-6 anni ed il raddoppio dei proventi della tassazione sugli idrocarburi, che nel 2013 è stata pari a circa 1,6 miliardi di euro.

Non bastano, quindi, le opposizioni delle Regioni, che continuano una battaglia a colpi di ricorsi amministrativi per fermare l'arrivo di nuove trivelle davanti alle loro coste. E non servono nemmeno le proteste dei tanti comitati 'No Triv' nati negli ultimi mesi e che ieri, all'Aquila, hanno impedito l'incontro tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il sindaco Massimo Cialente. La 'corsa all'oro nero' in Italia prosegue.

Anzi, riprende. "Gli idrocarburi in Italia sono stati una risorsa strategica importantissima fin dal dopoguerra", sottolinea Cavanna. "Adesso i progetti di esplorazione definiti sono circa 40", ed i preparativi per le operazioni sono in fase avanzata: il canale di Sicilia e l'Adriatico centrale sono le aree più ambite, ma anche il mar Jonio, area marina vietata alle attività di ricerca di petrolio fino al luglio 2011, è incluso nei progetti.

Ma il Governo italiano non è l'unico a cercare l'oro nero nel Mediterraneo. "L'Albania ha una storia petrolifera lunghissima", prosegue Cavanna, "mentre altri paesi come Montenegro, Grecia e Croazia" stanno percorrendo la stessa strada dell'Italia.

"L'Italia è indietro in un settore in cui siamo stati i primi a sviluppare le migliori tecnologie. La Croazia in particolare - nota il presidente di Assomineraria - ha già coperto tutta la tratta di propria competenza con la tecnica dell'Air Gun, e ha messo a bando le aree".

Proprio dalla Croazia arrivano però le ombre più importanti su questi progetti. A fine luglio infatti, su 10 autorizzazioni concesse nell'Adriatico dal governo croato (che avrebbero dovuto generare investimenti per oltre 2,5 miliardi di euro), 7 sono state restituite. A tirarsi indietro sono state la compagnia austriaca Omv e la statunitense Marathon Oil.

Ufficialmente, la motivazione riguarda la disputa non risolta sui confini marittimi tra Croazia e Montenegro, ma molti commentatori hanno affermato che l'incertezza sul rendimento degli investimenti legata alla caduta dei prezzi del petrolio avrebbe reso le nuove trivellazioni non sostenibili economicamente.

Ma il presidente di Assomineraria non crede a questo scenario: "il prezzo del petrolio non sempre è regolato da meccanismi di domanda e offerta, ma dalla finanza ed altri fattori. Non tutti i mali vengono per nuocere: le società con competenze serie e finanziariamente solide non si faranno impressionare", conclude Cavanna.

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