Il presidente del Comitato nazionale di bioetica, Lorenzo D'Avack: "Non è un'apertura, ma un valido strumento per indicare i nodi al legislatore". Marco Cappato: "Coraggio, a differenza del Parlamento". Scienza & Vita: "Eutanasia resti reato". Filippo Anelli (Fnomceo): "Tenere in considerazione i medici"
Il suicidio assistito è diverso dall'eutanasia. A sottolinearlo è il parere pubblicato sul sito del Comitato nazionale per la bioetica 'Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito', approvato nel corso della Plenaria del 18 luglio. Un documento "che nasce con l'idea di dare informazioni chiare sui pro e i contro un'eventuale legislazione sul suicidio assistito. Non dunque un'apertura alla legalizzazione del suicidio assistito, ma piuttosto un valido strumento per indicare nodi, criticità e ed elementi positivi al legislatore, che potrebbe avere un approccio favorevole ma anche contrario" al tema. A sottolinearlo all'Adnkronos Salute è il presidente del Comitato nazionale di bioetica, Lorenzo D'Avack, che evidenzia le "diverse posizioni in seno al Cnb sul tema", e ribadisce più volte come il parere non sia "affatto un'apertura del Comitato al suicidio assistito".
Il documento - che riporta le diverse posizioni dei componenti e non è stato approvato all'unanimità - nasce anche in seguito all'ordinanza della Corte Costituzionale, intervenuta sulla questione sollevata dalla Corte di Assise di Milano in merito al caso di Marco Cappato e Dj Fabo. "Il parere potrà essere utile anche alla Corte", dice D'Avack. Oggi d'altronde "l'enorme sviluppo delle tecnologie in medicina, per un verso consente di curare pazienti che fino a pochi anni fa non avrebbero avuto alcuna possibilità di sopravvivenza, e per l’altro in alcuni casi porta anche al prolungamento della vita in condizioni precarie e di grandissima sofferenza", si legge nel testo. Il Comitato affronta il tema dell’aiuto al suicidio e alla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale. Il parere, pur intervenendo sull'ordinanza in modo specifico e inquadrandola nel contesto normativo dell’ordinamento italiano, affronta il tema del suicidio assistito sul piano generale.
Il documento si sofferma in particolare sul significato dell’aiuto al suicidio assistito, sulle sue modalità di attuazione, su analogie ma anche "importanti differenze" con l’eutanasia, sintetizza D'Avack, e sui temi etici più rilevanti e delicati attinenti alla richiesta di suicidio assistito: l’espressione di volontà della persona; il consenso informato, i valori professionali e la deontologia del medico e degli operatori sanitari.
Ma anche l'argomento del 'pendio scivoloso'. "Si tratta di un argomento di quanti sono contrati a un intervento legislativo per il timore che, nonostante paletti e criteri molto attenti - spiega D'Avack - una simile legge potrebbe un domani aprire a ipotesi non previste, come ad esempio il via libera al suicidio assistito per minori e soggetti non capaci di intendere e di volere". I bioeticisti hanno esaminato anche la sedazione profonda, "proposta e rifiutata all'epoca da Dj Fabo", ricorda il presidente del Cnb. Ognuno di questi temi è analizzato in modo dialettico, dando spazio e ascolto alle tesi ora favorevoli ora contrarie. Da questo confronto "sono emerse tre differenti opinioni, delineate nel documento".
Alcuni membri del Cnb sono "contrari alla legittimazione, sia etica che giuridica, del suicidio medicalmente assistito", e "convergono nel ritenere che la difesa della vita umana debba essere affermata come un principio essenziale in bioetica, quale che sia la fondazione filosofica e/o religiosa di tale valore, che il compito inderogabile del medico sia l’assoluto rispetto della vita dei pazienti e che l'agevolare la morte segni una trasformazione inaccettabile del paradigma del curare e prendersi cura", si legge nella nota diffusa dal Comitato.
Altri membri del Cnb "sono favorevoli sul piano morale e giuridico alla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito sul presupposto che il valore della tutela della vita vada bilanciato con altri beni costituzionalmente rilevanti, quali l’autodeterminazione del paziente. Un bilanciamento che deve tenere in particolare conto le condizioni e procedure che siano di reale garanzia per la persona malata e per il medico". Altri ancora sottolineano come non si dia una immediata traducibilità dall’ambito morale a quello giuridico. Inoltre, "evidenziano i concreti rischi di un pendio scivoloso a cui condurrebbe, nell’attuale realtà sanitaria italiana, una scelta di depenalizzazione o di legalizzazione del suicidio medicalmente assistito modellato sulla falsariga di quelle effettuate da alcuni Paesi europei".
Malgrado queste posizioni divergenti, il Comitato è arrivato alla formulazione di sei raccomandazioni condivise, auspicando innanzi tutto che in qualunque sede avvenga - ivi compresa quella parlamentare - il dibattito sull’aiuto medicalizzato al suicidio "si sviluppi nel pieno rispetto di tutte le opinioni al riguardo, ma anche con la dovuta attenzione alle problematiche morali, deontologiche e giuridiche costituzionali che esso solleva e col dovuto approfondimento che una tematica così lacerante per la coscienza umana esige", si legge nel testo.
Il Comitato raccomanda, inoltre, "l’impegno di fornire cure adeguate ai malati inguaribili in condizione di sofferenza"; chiede che sia documentata all’interno del rapporto di cura un'adeguata informazione data al paziente in merito alle possibilità di cure e palliazione; ritiene indispensabile che sia fatto ogni sforzo per "implementare l’informazione ai cittadini e ai professionisti della sanità delle disposizioni normative riguardanti l’accesso alle cure palliative"; auspica che venga promossa un'ampia partecipazione dei cittadini alla discussione etica e giuridica sul tema e che vengano promosse la ricerca scientifica biomedica e psicosociale e la formazione bioetica degli operatori sanitari in questo campo.
Sono state redatte tre postille, pubblicate contestualmente al parere. La prima è di Francesco D’Agostino per spiegare le ragioni del voto negativo dato al parere; le altre di Assunta Morresi e Maurizio Mori, che pur avendo approvato il documento, hanno voluto precisare le proprie motivazioni di dissenso su alcuni temi trattati.
"Onore al Comitato nazionale di bioetica, e non solo alla maggioranza che, sul suicidio assistito, ha espresso una decisione rispettosa della libertà del malato, ma anche alla minoranza che si è opposta, perché almeno loro, al contrario del Parlamento italiano, hanno avuto il coraggio di dibattere e di scegliere". Lo sostiene Marco Cappato, tesoriere 'Associazione Luca Coscioni', commentando all'Adnkronos Salute il parere pubblicato sul sito del Comitato nazionale per la bioetica.
"Bene la distinzione fra suicidio assistito ed eutanasia, ma anche per il primo vanno mantenuti gli aspetti penali, per evitare che si scivoli velocemente nella seconda. Non a caso, nella Ue solo tre Paesi lo prevedono (Olanda, Belgio, Lussemburgo; e in Europa anche la Svizzera), tutti gli altri lo vietano". E' invece la posizione che Scienza & Vita, l'associazione cattolica di bioetica in comunione con la Cei e dunque espressione della Chiesa italiana, chiarisce all'AdnKronos con l'intervista al suo presidente Antonio Gambino.
La posizione di Scienza & Vita, ribadisce il suo presidente, è che "oggi sarebbe a dir poco devastante l'ingresso nel nostro sistema sanitario, che è assistenziale e solidaristico dal punto di vista economico, di un trattamento legato alla somministrazione di un farmaco letale: si andrebbe a capovolgere il principio di solidarietà su cui la nostra sanità è fondata". Ma, ribadisce il presidente di Scienza & Vita, "il suicidio assistito non va depenalizzato, deve restare reato, al di là della giusta attenuazione della pena prevista, per la sua particolare fattispecie giuridica e valore morale che non lo rende assimilabile ed equiparabile al classico omicidio".
Il parere del Comitato nazionale di bioetica sul suicidio assistito "è equilibrato, rispecchia le opinioni su questo tema presenti nel nostro Paese e tiene conto delle nostre posizioni, illustrate nei mesi scorsi al Cnb. Come medici dobbiamo dire che per noi la morte è da sempre il nemico da sconfiggere e la malattia quello da combattere. Dunque per un medico l'idea di utilizzare la morte per combattere la sofferenza è sconvolgente. E ci porta a chiedere perché medicalizzare il suicidio assistito, quando in alcune parti del mondo questa pratica non è medicalizzata". Così il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, commenta all'Adnkronos Salute il parere del Cnb sul suicidio assistito.
Se nel documento "non si è riusciti a trovare la quadra" e un orientamento definito, "è chiaro che occorre un ulteriore dibattito, in particolare sul diritto all'autodeterminazione della persona. E' giusto - riflette Anelli - che la società dibatta. La Corte costituzionale ha provato a mettere dei paletti, esaminando il caso di una malattia grave e irreversibile, in un soggetto attaccato alla macchine. Al centro della riflessione c'è la dignità della persona e anche la possibilità di rifiutare cure palliative che si tradurrebbero in una sofferenza. Ma nel frattempo - ricorda Anelli - è successo che da alcune parte si è chiesto ai medici il suicidio assistito. E questo sconvolgerebbe il nostro modo di fare i medici. Il nostro codice deontologico - sottolinea - ci impedisce di usare in modo non opportuno il nostro potere. Un divieto che in passato si è rivelato prezioso", continua il presidente Fnomceo. "Noi vorremmo che la riflessione su questo tema continuasse, ma anche che si tenesse conto delle nostre ragioni", conclude.