Non è una violazione dei diritti umani l'allontanamento di un bimbo nato da utero in affitto dalla famiglia surrogata. Non viene infatti disatteso l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo ('Rispetto della vita privata e familiare') e il piccolo, nella particolare situazione, non subirebbe pregiudizio o conseguenze gravi dalla separazione, perché in questo caso non c'è legame biologico, né vita familiare.
Così la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo, a Strasburgo, ha confermato precedenti sentenze dei giudici italiani respingendo il ricorso dei coniugi Campanelli - Paradiso che nel 2011, illegalmente, avevano avuto un bambino attraverso utero in affitto in Russia. Il piccolo, successivamente, è stato allontanato dalla coppia dei ricorrenti e dato in affidamento.
La Grande Camera ha valutato il ricorso contro la presa in carico da parte dei servizi sociali italiani del piccolo di 9 mesi, partorito da una donna russa in accordo con i coniugi Paradiso - Campanelli, che avevano registrato il bambino come loro figlio. Considerando l'assenza di legame biologico tra il bimbo e la coppia ricorrente, la breve durata della relazione familiare e la precarietà giuridica dei legami parentali, i giudici hanno concluso che non si può parlare di vita familiare, nonostante il progetto genitoriale e la qualità dei legami affettivi.
E' legittima quindi, secondo la Corte Edu, la volontà delle autorità italiane di riaffermare la competenza esclusiva dello Stato a riconoscere un legame di filiazione - che sussiste unicamente in caso di legame biologico o di adozione regolare - con l'obiettivo di proteggere il bambino.
La Corte Edu, inoltre, considera che i giudici italiani - secondo i quali il bambino non rischia di subire gravi pregiudizi o danni irreparabili dalla separazione - abbiano tenuto conto del giusto equilibrio tra i differenti interessi in gioco.