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Sangue infetto, Corte Ue: l'Italia dovrà risarcire 350 pazienti

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14 gennaio 2016 | 14.06
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La Corte europea dei diritti dell'uomo dà ragione ai pazienti italiani contaminati da virus come l'Hiv e l'epatite tramite trasfusioni di sangue avvenute nel corso di trattamenti medici. In una sentenza emessa oggi, i giudici di Strasburgo condannano lo Stato italiano a risarcire i cittadini che si erano rivolti alla Corte Edu, nati fra il 1921 e il 1993.

I ricorrenti - riporta una nota della Corte - hanno diritto a un risarcimento dato che è stato provato il collegamento causa-effetto fra la trasfusione di sangue e la loro infezione, ma i ricorrenti lamentano la lunghezza dei procedimenti per il risarcimento o le conciliazioni amichevoli e che non è stato posto effettivo rimedio ai loro casi.

Sono circa 350 i cittadini infettati da trasfusioni che saranno risarciti "con una cifra totale molto alta, che stiamo calcolando con precisione proprio in questo momento - spiega all'Adnkronos Salute l'avvocato napoletano Michele Scolamiero, che con Sergio Guadagni segue da anni il caso - ma ciò che emerge è anche che per ognuno sono previsti 25.000 euro per risarcire il ritardo nell'adempimento" dell'Italia. Oltre 8 milioni di euro solo per questo aspetto.

"E' una sentenza molto importante, storica direi - rileva Scolamiero - che crea uno spartiacque rispetto a tutta una serie di sentenze e attività avvenute in passato in Italia. Dal 2007 portiamo avanti questa causa e avevamo già raggiunto dei successi. Poi il governo Monti ha eliminato ogni beneficio ottenuto. E' arrivata successivamente con il Governo Renzi la legge 114/2014, in cui all'articolo 27 bis lo Stato italiano ha prodotto un 'rimedio legislativo' senza il quale sarebbe stato sanzionato a pieno dalla Corte Edu". Se sotto questo aspetto dunque l'Italia si è 'salvata' avendo emanato una normativa ad hoc, "per quanto riguarda il ritardo nell'adempimento, i giudici di Strasburgo hanno invece sanzionato, in media di 25.000 euro per paziente".

Della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sono stati invocati l'articolo 2 (diritto alla vita) sotto l'aspetto procedurale, l'articolo 6 comma 1 (diritto a un equo processo), l'articolo 13 (diritto a un risarcimento effettivo) e l'articolo 1 del protocollo 1 (protezione della proprietà).

"E' una condanna vera e propria sui tempi lumaca dello Stato italiano - sottolinea Andrea Spinetti, portavoce del Comitato vittime sangue infetto - Questa sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo si aggiunge ad altre, anche se qui si parla di centinaia di persone che sono un numero enorme. La Corte ha rimarcato l'inqualificabile mancanza e il ritardo sui risarcimenti. Ora - conclude Spinetti - speriamo che si accelerino i tempi per risolvere le tante situazioni che attendono una risposta".

Sul caso arriva anche la precisazione del ministero della Salute. "La Corte europea dei diritti dell'uomo - puntualizza il dicastero - pur avendo riconosciuto per tutti quei casi risalenti agli anni '90 la violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo relativamente al diritto ad un equo processo e ad un ricorso effettivo, ha affermato che la procedura di cui all'art. 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 - la cui introduzione è stata fortemente voluta dal ministro Lorenzin - che riconosce ai soggetti danneggiati, a titolo di equa riparazione, una somma di denaro determinata nella misura di euro 100.000, costituisce un rimedio interno, del tutto compatibile con le previsioni della Convenzione e in grado di assicurare un adeguato ristoro ai soggetti danneggiati".

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