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Lo studio, 1 cardiologo italiano su 3 stressato e frustrato

Lo studio, 1 cardiologo italiano su 3 stressato e frustrato
29 maggio 2014 | 16.38
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Firenze, 29 mag. (Adnkronos Salute) - Cardiologi italiani stressati e frustrati. Più di un terzo degli specialisti riporta perdita di entusiasmo per il proprio lavoro (37%), frustrazione per scarso controllo e/o autonomia (36 %), e difficoltà nel separare vita lavorativa e vita privata (34 %). E ancora: il 30 % riferisce disagio nel ricalibrare le aspettative di pazienti e familiari; un quinto circa lamenta fatica emozionale nel rapporto con il paziente cronico grave (22 %) e a fine vita (19%). Fortunatamente solo il 14 % dei cardiologi segnala di provare distacco emozionale, freddezza o disinteresse nei confronti del paziente. E' quanto emerge da uno studio (Ianus), promosso dall'area scompenso cardiaci dell'Anmco (Associazione nazionale cardiologi ospedalieri), illustrato oggi a Firenze nel corso del Congresso nazionale di cardiologia.

L'indagine - che ha coinvolto per la prima volta i cardiologi ospedalieri impegnati in tutti gli ambiti della cardiologia - ha portato inoltre alla luce che circa l'85% degli specialisti (sui 1.064 intervistati) dice di sentirsi competente nello svolgimento del proprio lavoro; il 66% riferisce gratificazione per il significato morale e umano del lavoro. E ancora: circa il 70 % riporta la presenza di difficoltà a causa di problemi organizzativi sul lavoro, e più del 48 % è preoccupato per il rischio di problemi medico legali. "Ci siamo proposti - spiega all'Adnkronos Salute Giuseppe Di Tano, chairman dell'area scompenso dell'Anmco - di portare alla luce eventuali fonti di stress e fattori protettivi in grado di modulare il rischio di burnout tra i cardiologi italiani, per guardare a potenziali soluzioni".

Lo studio si è svolto attraverso un questionario elaborato da Giuseppina Majani, responsabile del Servizio di Psicologia dell'Istituo scientifico di Montescano dell'Irccs Fondazione Maugeri di Pavia, che spiega: "Il distress rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del burnout, una sindrome che può colpire chi svolge una professione d'aiuto. Il burnout, caratterizzato da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale, ha un importante impatto negativo sul rendimento lavorativo, provoca errori e assenteismo, oltre che una serie di sintomi fisici e psicologici che incidono in misura rilevante sul benessere dell'operatore".

"Rilevare risposte di stress in ambito lavorativo - conclude l'esperta - può quindi rappresentare una prima efficace misura preventiva dello sviluppo di burnout. Ma altrettanto importante è anche indagare fattori indicati dalla letteratura come protettivi, come il significato morale e umano attribuito al proprio lavoro, la soddisfazione lavorativa, la percezione di competenza personale e la condivisione con i colleghi".

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