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Nanocure spazzine per 'Alzheimer & Co'

(Foto università degli Studi di Milano-Bicocca)
(Foto università degli Studi di Milano-Bicocca)
01 aprile 2019 | 12.29
LETTURA: 6 minuti

Disegnare, realizzare, testare e brevettare nanomolecole da trasformare in farmaci 'spazzini' contro le amiloidosi, una grande famiglia di circa 30 malattie causate da un deposito anomalo e tossico di aggregati proteici che finiscono soffocare gli organi in cui si accumulano. Le più note sono l'Alzheimer e il Parkinson che colpiscono il cervello, ma con loro ce ne sono molte altre, non solo neurologiche. Possono interessare il cuore, il rene, il fegato, e per la maggior parte sono orfane di cure. Trovarle è la sfida di Amypopharma, spin-off dell'università degli Studi di Milano-Bicocca, che ha incassato un importante investimento dal mondo degli investitori: un'iniezione di fondi intorno ai 700 mila euro da BiovelocIta, il primo acceleratore italiano dedicato alle imprese del 'red biotech', le biotecnologie per la salute.

Amypopharma è stata fondata nel 2015 da Massimo Masserini e Francesca Re della Bicocca. "Un team di 5-6 persone" con alle spalle una storia che comincia nel 2009 con il progetto Nad focalizzato sull'Alzheimer, sostenuto dal Settimo Programma Quadro dell'Unione europea con un maxi-finanziamento di 14,6 milioni di euro di cui 3,8 mln per l'ateneo meneghino, e proseguito fino al 2014. "L'obiettivo del progetto era individuare nuovi nanodispositivi utili nella diagnosi e nella terapia della malattia di Alzheimer", spiega all'AdnKronos Salute Masserini, ordinario di Biochimica e direttore del Centro di nanomedicina dell'università di Milano-Bicocca, membro del Cda di Amypopharma. Centro capofila di 19 partner fra università, istituti e aziende in Ue, la Bicocca ha onorato il suo ruolo di leader del progetto chiudendo Nad con un bilancio di oltre 60 pubblicazioni scientifiche e due brevetti.

"L'idea che abbiamo portato avanti è stata quella di maggior successo - racconta Masserini - Abbiamo sviluppato delle nanoparticelle che abbiamo chiamato Amyposomes*. Sono nanoliposomi funzionalizzati che presentano in superficie due ligandi", strutture che funzionano come chiavi: una 'apre la porta' del cervello perché "permette ai liposomi di passare la barriera emato-encefalica" che lo protegge, l'altra 'aggancia il bersaglio' ossia "colpisce il deposito amiloide. Poiché questi aggregati sono formati da tante copie della stressa proteina, che presa singolarmente è solubile e innocua, ma appiccicata in serie forma accumuli insolubili e tossici - ricorda lo scienziato - il liposoma è disegnato per mettersi in mezzo e sciogliere i legami tra le proteine della placca, che così ritornano solubili e vengono allontanate fisiologicamente".

Nell'ambito del progetto Ue Nad, il team milanese ha dunque costruito un candidato nanofarmaco anti-Alzheimer, testandolo poi su topi geneticamente modificati in modo da sviluppare la malattia ruba-ricordi. "Iniettati per 21 giorni agli animali con patologia conclamata e severa, cioè con placche amiloidi nel cervello e perdita di memoria, i liposomi hanno ridotto i depositi cerebrali e permesso un recupero della memoria - riassume Masserini - E somministrati per 7 mesi a topi 'gm' ancora giovani e senza sintomi, sono riusciti a limitare la formazione di placche amiloidi e a evitare la perdita di memoria". In altre parole, dagli studi preclinici arrivava la promessa non solo di una nanocura per l'Alzheimer, ma anche di una 'nanoprevenzione'. I diritti sugli Amyposomes sono stati quindi 'messi in cassaforte' con "due brevetti diffusi su scala mondiale" e "abbiamo deciso di costituirci spin-off per trovare investitori disposti a sostenere la sperimentazione clinica", prosegue il docente della Bicocca.

Le strade della scienza, però, sono spesso costellate di imprevisti e anche il gruppo di Amypopharma ne ha incontrato uno: "In quegli anni, mentre nasceva la nostra società, diversi trial clinici sull'Alzheimer sono stati interrotti e questi stop, percepiti come 'fallimenti', hanno raffreddato gli entusiasmi dei grandi venture capital". La caccia ai fondi è stata perciò "un percorso lungo". Dalla creazione dello spin-off alla manifestazione di interesse da parte di BiovelocIta, nel 2018, sono trascorsi "3 anni nei quali - stima Masserini - abbiamo avuto contatti con almeno una sessantina di potenziali investitori", dialoghi che alla fine si sono tradotti in un nulla di fatto. "Nel frattempo, a fine 2017, ci siamo incontrati con BiovelocIta e insieme a loro abbiamo pensato di cambiare leggermente l'iniziale obiettivo sociale di Amypopharma, allargandolo a tutte le amiloidosi e non più solamente all'Alzheimer".

Il ricercatore ci tiene a evidenziare l'importanza della scelta di guardare oltre l'Alzheimer: le cosiddette amiloidosi sistemiche, patologie che danneggiano organi o distretti vitali come reni, cuore, apparato gastrointestinale, fegato, cute, nervi periferici e occhi, "per intenderci hanno la stessa incidenza della leucemia mieloide cronica. Stiamo parlando di malattie senza terapie mirate alla causa, patologie che molte volte portano al trapianto e che accorciano l'aspettativa di vita di chi ne soffre", puntualizza Masserini.

Per provare a regalare una chance di cura a questi pazienti, "vogliamo sviluppare altri nanoliposomi mirati - chiarisce - progettati e fabbricati ad hoc per 'sciogliere' i depositi all'origine delle diverse amiloidosi, a cominciare dalle forme più comuni. I 700 mila euro di BiovelocIta ci permetteranno di metterli a punto e iniziare a testarli".

Ecco il piano: "Entro la primavera 2020 contiamo di avere un quadro completo di tutto l'arsenale di liposomi con i quali possiamo colpire le amiloidosi, compreso l'Alzheimer. Se riusciamo a sviluppare farmaci efficaci contro altre amiloidosi - spera Masserini - la cosa dovrebbe tranquillizzare il mercato anche sull'Alzheimer e a questo punto, grazie alla rete di contatti che BiovelocIta ha con grandi investitori, potremmo reperire nuove risorse per passare alla sperimentazione clinica". Corretta la traiettoria e aggirato l'ostacolo, il cammino di Amypopharma continua.

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