Per il mieloma negli ultimi due decenni si è passati da una sopravvivenza media di poco superiore ai 2 anni a medie vicine ai 7 anni, anche nelle fasce di età avanzate. Al congresso Ash 2018 di San Diego "sono stati presentati risultati molto interessanti, in termini di miglioramento della sopravvivenza libera da malattia, della terapia con un anticorpo monoclonale in associazione ai farmaci classici testati in prima linea in pazienti non candidabili al trapianto", ha spiegato Giovanni Pizzolo, direttore dell’Unità operativa complessa di Ematologia e del Dipartimento medico generale dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.
A Bologna in questi giorni si svolge 'Post San Diego 2018', meeting che a due mesi dalla conclusione dell’Ash (l’annuale congresso mondiale dell’American Society of Hematology) - dedicato all’ematologia oncologica e non - presenta in Italia tutte le novità e i progressi a livello biologico e terapeutico.
"I risultati di numerose nuove combinazioni di farmaci innovativi di seconda e terza generazione, utilizzati sia in prima linea sia in pazienti ricaduti o refrattari, hanno permesso di carpire preziose informazioni per identificare i profili molecolari associati alla scomparsa del residuo minimo di malattia, da cui dipende poi la prognosi di ciascun paziente - osserva Pizzolo - Anche i trattamenti con la tecnica Car-T sono risultati sorprendentemente efficaci in pazienti pluritrattati e non più controllabili con altri farmaci".
Infine le novità dell’Ash riguardano anche le malattie clonali che si sviluppano nelle cellule staminali ematopoietiche come la policitemia vera (Pv), la trombocitemia essenziale (Te), la mielofibrosi (Pmf). "Per queste malattie sono stati presentati studi sui nuovi metodi e criteri di diagnosi e prognosi - sottolinea Angelo Michele Carella, coordinatore del Post San Diego e già direttore di Ematologia e Centro trapianti di midollo dell’Azienda ospedaliera universitaria San Martino di Genova - I trattamenti, in particolare per la mielofibrosi, prevedono l’uso di inibitori per bloccare quelle proteine mutate alla base della malattia".