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Rebus prostata, per lui è un organo femminile

Rebus prostata, per lui è un organo femminile
13 ottobre 2018 | 14.57
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Un organo misterioso per almeno 1 maschio italiano su 4, la prostata resta ancora un rebus. Con molti uomini ignoranti e ignari - nel 22% dei casi - persino sull’esatta collocazione della ghiandola prostatica: una figuraccia nei confronti del 28% di donne, che al riguardo, invece, non ha dubbi. Non solo, addirittura il 54% dei maschi non sa di averla, la prostata, che ritiene, invece, un organo femminile. E' quanto emerge da recentissima indagine condotta dall’Associazione Europea di Urologia in occasione dell’Urology Week che si svolge ogni anno a settembre, che ha coinvolto 2.500 uomini di 5 nazioni differenti: Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito.

Ebbene, il 27% dei maschi è dubbioso o ignaro dell’esistenza del tumore alla prostata, patologia che invece colpisce 450 mila uomini nel mondo ogni anno, circa 36 mila in Italia, con oltre 7 mila decessi, mentre paradossalmente è più informato su quello del seno (31%). Ma sono gravi anche altri numeri: il 43% degli uomini non si recherebbe dal medico in caso di sangue nelle urine; il 23% aspetterebbe più di un mese prima di chiedere una consulenza per una frequente voglia di urinare; il 28% andrebbe dal medico solo dopo oltre una settimana dalla comparsa di bruciore o dolore alla minzione contro solo il 17% in grado di associare un dolore nella parte inferiore dell'addome a un possibile problema serio. Senza contare la problematica della disfunzione erettile, che in Europa riguarda circa la metà dei maschi dopo i 50 anni, ma di cui il 75% ignora le implicazioni sulla salute e qualità della vita e di coppia o la diffusione fra i connazionali.

Non va meglio per altri problemi urologici: un buco nero per l’85% dei maschi, come nel caso del tumore ai testicoli noto solo (in termini di fascia di popolazione a rischio) al 18% degli intervistati. Le conseguenze di questa 'insana' informazione ricadono in maniera importante, oltre che sulla salute, anche sulla mancata prevenzione specialistica: il 40% dei maschi non sa chi sia, quale ruolo abbia o quando consultare l’urologo, contro il 10% che non ne ha mai sentito parlare, mentre il 13% ritiene che curi l’apparato scheletrico, il sistema nervoso o quello circolatorio. E' necessaria dunque una maggiore e migliore consapevolezza del maschio riguardo la propria salute intima. Con questo scopo, per il terzo anno, è ripartita in Italia, con il contributo non condizionante di Menarini, la campagna #Controllati.

Consigli, informazioni, contatti in assoluta privacy sul sito www.controllati.it. Inoltre, dal 17 ottobre al 30 novembre, tremila farmacie distribuiranno materiali informativi e daranno visibilità al sito. Qui sarà aperta una sezione di domande e risposte, e una dedicata al pubblico ("L'urologo risponde"). Tra queste farmacie, mille avranno a disposizione ticket gratuiti con cui inviare i propri utenti nei centri Siu più vicini. Infine, sarà possibile contattare il numero verde 800.942.042. "Disinformazione e allungamento della vita media - dichiara Vincenzo Mirone, responsabile della comunicazione Siu e ordinario di urologia all’Università Federico II di Napoli – rappresentano un mix pericoloso per l’incremento nella diffusione e incidenza delle patologie prostatiche e più in generale urologiche, già stimate in crescita a partire dai prossimi anni".

La scarsa informazione si questi temi "è allarmante in tutta Europa, tanto che i maschi escono male dall’indagine. Meno informati delle donne su problematiche che invece li riguardano in prima persona e sulle quali tendono addirittura a chiudere un occhio, sottovalutano il ruolo salutare della prevenzione e diagnosi precoce. Vincere la sfida della disinformazione - aggiunge Mirone - deve essere un impegno prioritario dell’urologia, chiamata a far comprendere al maschio l’importanza di non trascurare anche sintomi iniziali, cercando invece il supporto di un professionista fin dal minimo sospetto di qualche cosa di insolito".

"L’indagine – aggiunge Giuseppe Morgia, responsabile scientifico della Siu e direttore del Dipartimento di Urologia del Policlinico di Catania – attesta che gli uomini europei non solo hanno scarsissima conoscenza sull’apparto urogenitale e le patologie che lo possono colpire, ma ignorano perfino che l’urologo è lo specialista da consultare. Si 'salvano' un po' di più i maschi italiani che nel 66% dei casi sanno dove recarsi in presenza di problematiche della sfera intima e sessuale. In generale dunque i maschi europei non sanno o non vogliono ascoltare i disturbi che provengono dalla sfera urogenitale, mettendosi a rischio di sviluppare malattie e/o condizioni cliniche, invece controllabili o diagnosticabili in fase iniziale".

La scarsa consapevolezza e la trascuratezza hanno, infatti, implicazioni sia sulle condizioni generali di salute maschile, intima in particolare, sia sul ritardo diagnostico. "Avere coscienza dei sintomi di un problema urologico - aggiunge il Walter Artibani, segretario generale della Siu e direttore del Dipartimento di Urologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona - è il fattore chiave per la diagnosi precoce; ad esempio, un sensibile numero di morti nei tumori maschili si verificano proprio perché la maggior parte degli uomini non affronta precocemente o con la giusta attenzione le proprie condizioni di salute o il problema in atto, fino a ritardare il contato con il medico di famiglia o lo specialista".

Le ripercussioni di questo atteggiamento ricadono anche sulla qualità di vita e l’intimità di coppia. "I problemi di salute degli uomini - conclude Giuseppe Vespasiani, presidente Siu e direttore della Scuola di Specializzazione all’Università Tor Vergata di Roma - coinvolgono anche la partner. Alle donne, più abituate e responsabili nel controllare il loro corpo, è affidato il compito di sensibilizzare e spronare il proprio compagno a recarsi da uno specialista in caso di specifiche problematiche dell’apparato uro-genitale, fino ad accompagnare il partner alla visita o partecipando attivamente alla conversazione con il medico".

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