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Gimbe: "No a bufala in Rai su test che predice cancro"

Gimbe:
03 maggio 2017 | 12.44
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"E' inaccettabile che la televisione di Stato permetta a ricercatori in palese conflitto di interessi di diffondere informazioni sulla salute delle persone non ancora validate dalla comunità scientifica e che al momento non hanno nessuna applicazione reale nella pratica clinica e nella sanità pubblica". Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, interviene sulla polemica scaturita da una puntata di 'Porta a Porta' in cui è stata ospite l'oncologa Patrizia Paterlini-Bréchot, docente di biologia cellulare e molecolare all'università di Paris-Descartes.

La Fondazione parla di "bufale di Stato" e di "pericolosa disinformazione sulla diagnosi precoce dei tumori", e punta il dito contro il servizio pubblico televisivo che "annuncia falsi miracoli", cioè "la possibilità di diagnosticare i tumori con un semplice prelievo di sangue". Il tutto "mentre la presidente della Camera Laura Boldrini sostiene una campagna istituzionale contro le bufale sul web". La Fondazione Gimbe, si legge in una nota, "smentisce categoricamente la notizia e chiede alle istituzioni una rigorosa governance delle informazioni sulla salute trasmesse dal servizio pubblico".

"Milioni di italiani in questi giorni - dice l'associazione - si stanno chiedendo dove effettuare il tanto semplice quanto miracoloso esame del sangue che permette di sapere se il nostro corpo sta per essere (o è già stato) invaso dalla malattia più temuta, il cancro. Dopo l'ampio spazio su vari quotidiani, anche il (dis)servizio pubblico di Porta a Porta ha permesso alla dottoressa Paterlini-Bréchot di presentare il suo libro 'Uccidere il cancro'. Il cavallo di battaglia della ricercatrice è il cosiddetto test Iset*, che sarebbe in grado di diagnosticare il tumore con diversi anni di anticipo, alla modica cifra di 486 euro, ovviamente (e giustamente) non rimborsati dal Servizio sanitario nazionale".

La Fondazione Gimbe osserva che "il livello di validazione del test - già brevettato da Paterlini e altri ricercatori e di proprietà della società Rarecells - dal punto di vista scientifico è assolutamente preliminare, come dimostra anche l'ultimo studio pubblicato a gennaio (su 'Plos One')". In altri termini, precisa Gimbe, "come ha già rilevato ieri Carmine Pinto, presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), non conosciamo affatto la capacità del test di predire i tumori, semplicemente perché non è ancora stato valutato in rigorosi studi clinici sull'uomo".

Tutte le scoperte scientifiche, incalza Cartabellotta, "siano esse diagnostiche o terapeutiche, devono attraversare un lungo cammino di validazione attraverso diverse tipologie di studi: dalla ricerca di base in vitro e sugli animali a quella preliminare sull'uomo, sino a rigorose sperimentazioni cliniche che devono essere replicate in diverse popolazioni prima di legittimare l'accuratezza di un test diagnostico o l'efficacia di un trattamento".

Il sito web dell'azienda Rarecells, riferisce Gimbe, riporta che 'la tecnologia Iset* è stata validata da oltre 50 studi scientifici indipendenti realizzati su oltre 2 mila pazienti affetti da differenti tipologie di tumore e più di 600 soggetti sani'. Tuttavia, fa notare ancora la Fondazione, "i suddetti studi sono sì sostenuti da avvincenti ipotesi scientifiche e promettenti risultati preliminari, ma non legittimano alcuna raccomandazione per la pratica clinica, né tantomeno informazioni da diffondere alla popolazione, a dispetto di quanto affermato in maniera molto convincente sul sito web 'isetbyrarecells.com/it'. A riprova di questo il test non è citato, né tantomeno raccomandato, da nessuna linea guida nazionale o internazionale sulla diagnosi di alcun tumore".

Oggi, riflette Cartabellotta, "le aspettative della popolazione nei confronti di una medicina mitica e una sanità infallibile hanno raggiunto livelli inaccettabili e pericolosi in conseguenza di vari fattori: facilità di accesso tramite Internet a informazioni scientificamente non validate, assenza di un programma istituzionale di informazione sanitaria per cittadini e pazienti, progressiva medicalizzazione della società".

Il ragionamento della Fondazione Gimbe è che, "se anche la televisione di Stato, sostenuta dai contribuenti, alimenta la disinformazione scientifica illudendo cittadini e pazienti, le istituzioni preposte a vigilare sulla salute delle persone devono intervenire in maniera sistematica e senza indugi. Il servizio pubblico d'informazione non deve e non può in nessun modo alimentare false aspettative: la scienza non può essere oggetto di falsi proclami, né di legittimazioni di pratiche e test non validati".

La battaglia contro il cancro, conclude Cartabellotta, "si vince gradualmente grazie al lavoro di tanti ricercatori che ogni giorno fanno un passo in avanti, legittimando e confermando le loro scoperte secondo le regole della comunità scientifica. Enfatizzare risultati preliminari della ricerca attraverso il sensazionalismo offerto dal cortocircuito mediatico non è etico e non è scientifico, né per i ricercatori, né per i giornalisti".

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