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Ricerca: suoni uno strumento? Le onde cerebrali dicono se sì e quale

Mappe topografiche del cervello che ascolta uno strumento  - (foto Bicocca-Milano)
Mappe topografiche del cervello che ascolta uno strumento - (foto Bicocca-Milano)
07 marzo 2016 | 15.15
LETTURA: 4 minuti

La musica plasma i neuroni. E così, leggendo le onde cerebrali, è possibile capire se una persona suona o meno uno strumento, e se sì, quale. Lo dimostra un esperimento condotto dagli scienziati dell'università di Milano-Biocca su 20 persone: 10 giovani dai 21 ai 32 anni, diplomati al Conservatorio Giuseppe Verdi del capoluogo lombardo, e 10 studenti universitari non musicisti. Il lavoro, apparso sulla rivista 'Music Perception', pubblicata da University of California Press, è stato condotto da Alice Mado Proverbio, docente di Neuroscienze cognitive presso il Dipartimento di Psicologia della Bicocca, insieme al suo gruppo di ricerca in Neuroscienze della musica, coaudiuvati da Andrea Orlandi, dottorando in Psicologia.

A ciascuno dei partecipanti al test sono stati mostrati 180 video in cui venivano eseguite una o due note con violini e clarinetti, mentre si trovavano all'interno di una cabina schermata acusticamente, in modo da isolare da qualsiasi altro suono e ottenere la migliore correlazione possibile fra stimolo e risposta. Sottoposti a una stimolazione sensoriale, infatti, i neuroni comunicano fra loro producendo un debolissimo segnale bioelettrico, rilevabile sulla superficie del capo: a seconda dell'esperienza o delle caratteristiche della persona, cambierà il livello di attivazione cerebrale. Il legame cercato dal Bicocca Erp Lab è quello che associa il timbro di uno strumento musicale alle competenze individuali, permettendo di capire se c'è familiarità con determinati suoni musicali e con uno specifico strumento.

Nel corso della sperimentazione, il livello di impegno della corteccia prefrontale si è rivelato molto più elevato nei non musicisti, meno intenso nei musicisti che suonano quotidianamente lo strumento ascoltato, e intermedio nei musicisti che suonano ogni giorno uno strumento diverso. In altre parole: quando si ascolta il suono di un violino, la corteccia prefrontale di un violinista deve impegnarsi relativamente poco, quella di un altro musicista leggermente di più e quella di un non musicista molto di più.

"La spiegazione si trova nella corteccia prefrontale del nostro cervello - si legge in una nota dalla Bicocca - Questa regione codifica gli stimoli (basandosi sugli input che provengono dall'area uditiva, la corteccia temporale superiore) e si relaziona con stimoli già codificati, integrandoli con le nostre conoscenze pregresse. Ci consente cioè di 'leggere' la realtà e interpretarla". Inoltre "è sensibile alla familiarità", e di conseguenza "si può capire se il cervello (quindi la persona) ha già 'incontrato' una determinata informazione e se ciò sia accaduto con frequenza".

"Poiché il nostro cervello, e in particolare la corteccia prefrontale, dedica un'attività elaborativa meno intensa alla codifica di materiale già noto o familiare - commenta Mado Proverbio - è possibile stabilire, osservando le 'anterior negativities' frontali, qual è lo strumento suonato da una persona di cui non si sa nulla, oppure escludere che suoni uno strumento musicale".

"E' uno studio di 'mind reading', o lettura del pensiero - conclude - per cui si individuano delle 'firme neurali' di rappresentazioni mentali, rendendo possibile la messa a punto di algoritmi in ​​grado di ricostruire esperienze percettive dinamiche".

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